Il real estate esplode e la pipeline accelera. Nella Penisola gli investimenti, specie quelli esteri si intensificano. Nei giorni scorsi i francesi di Tikeau Capital hanno realizzato la loro seconda acquisizione, rilevando la galleria del centro commerciale Area12 di Torino per 65 milioni di euro e dando vita a una proficua collaborazione con Conad. Inoltre il Bel Paese è stato un vero protagonista nella seconda edizione di Mapic Italy, che ha registrato cifre record. Di questo, e di molto altro, abbiamo parlato con Massimo Moretti, per la seconda volta presidente, dal 4 maggio, del Consiglio nazionale dei centri commerciali.

Presidente come possiamo riassumere il 2016 e quali sono i programmi futuri specie per quanto riguarda Mapic Italy?

Il 2016 è stato un anno di grande impegno e ritengo che i risultati siano sotto gli occhi di tutti. La mia elezione è stata quasi unanime, un fatto molto positivo in un’Italia che, invece, va verso la frammentazione.
Mapic Italy ha riscosso grande successo e ci ha visto in prima linea, anche come partner. In due giorni, prima erano uno e mezzo, si è condensato il meglio del B2B del settore, con il plus dell’area food. Le nostre eccellenze hanno creato valore aggiunto e aumentato i visitatori che, nelle statistiche ufficiali, hanno toccato ben 1.500 partecipanti, contro i 1.300 del 2016, di cui 550 retailer nazionali e internazionali, rispetto ai 450 del primo appuntamento.
La parte food, con 33 concept italiani, è stata calibrata secondo un mix di grandi nomi e insegne originali, con un bel progetto di franchising. Per l’edizione 2018, la terza, CNCC ha lanciato un paio di sfide a Reed Midem, che dovrebbero portare altra linfa vitale. Ma per ora non posso dire di più…

Prendiamo atto dei traguardi e, del resto, il real estate vola. Ma fino a quando?

È indubbio che oggi beneficiamo di un’onda legata all’abbondanza di liquidità a basso costo. Questo è un bene nel breve e medio periodo, ma il trend non può durare per sempre. D’altro canto il mondo immobiliare non residenziale, specie in Italia, è ancora poco saturo e dunque esistono margini di crescita notevoli.
Per quanto riguarda il ‘prodotto’ centro commerciale rimane un prodotto sano con affluenze stabili. Siamo all’alba della quarta rivoluzione distributiva e andiamo verso l’integrazione con il web, ma anche verso shopping center che siano luoghi da vivere, con zone relax, tanta ristorazione, architetture innovative. Dunque la sfida vera di domani sarà con le altre forme di impiego del tempo dei consumatori.

Che provenienza hanno gli investitori e come si muovono i canoni di affitto?

All’80 per cento si tratta di operatori esteri e questa è un fatto molto rilevante, visto che porta in Italia le best practice estere e i migliori standard internazionali.
Sotto il profilo dei canoni, invece, sottolineo il grande impegno di retailer e proprietà per trovare il giusto equilibrio degli affitti, affinché siano sostenibili nel lungo periodo. Il tutto in presenza di un iter di riorganizzazione che ha visto ammodernamenti radicali, i cui benefici si toccheranno con mano già nel prossimo futuro.

Parliamo di rendimenti e di consumi…

Il delta fra shopping center, retail park e outlet ubicati in Italia e dei principali Paesi europei è ancora significativo e presenta un differenziale di circa 120 bases point. Nonostante i grandi recuperi anche durante i momenti di crisi non abbiamo ancora raggiunto del tutto i livelli prerecessione, un traguardo che dovrebbe essere tagliato nel 2010.

Ha citato le riorganizzazioni. Come è cambiato il mondo dei tenant?

La food court, dato che tutte le ricerche confermano, è sempre più importante e questo è vero soprattutto nella Penisola, dove il cibo riveste un grande significato culturale. Quest’area, partita da un 5% di incidenza sulla superficie totale, marcia, in prospettiva, verso il 15-20 per cento. E noi italiani abbiamo molto da dire anche agli stranieri, tant’è vero che i nostri concept migliori, dalle grandi catene ai nuovi imprenditori, restano per poco tempo confinati solo nel nostro territorio. Frenano anche gli ipermercati di grandi o grandissime metrature, ma un’ancora alimentare, più raccolta, diciamo non superiore ai 6.000 mq, è sempre rilevante e incorpora oggi, il più delle volte, un’area di somministrazione con prezzi competitivi. In sostanza il menu offerto dallo shopping center mette d’accordo tutti e dà la possibilità di socializzare, in modo interetnico e trasversale alle fasce d’età. Questo prolunga, ovviamente, i tempi di permanenza e, ceteris paribus, innalza lo scontrino medio.

Quartieri centrali o semicentrali e Mezzogiorno…restano due location ancora da scoprire?

Per i centri storici devo dire che ci sono buoni segnali e molti progetti di successo, come CityLife Shopping District di Milano, in apertura il 30 novembre, o Adigeo di Verona: inaugurato il 30 marzo ha creando 1.500 posti di lavoro. Ormai spesso i nuovi sviluppi recuperano aree industriali dismesse: uno shopping center ben concepito rivitalizza, o fa nascere ex novo, un intero quartiere, instaurando un circolo virtuoso di cui tutti si avvantaggiano. Lo ha dimostrato, tanto per fare solo un esempio, il centro Arkaden, che ha saputo, subito dopo la caduta del muro di Berlino, rivitalizzare una zona devastata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Il Sud rimane una grande sfida. L’Italia a più velocità non deve più esistere e il nostro compito è fare capire ai grandi investitori che il Mezzogiorno ha enormi bacini di utenza e può assicurare fatturati elevati.