di Maria Teresa Giannini

A più di 40 anni dalla sua nascita, Orva, l’azienda romagnola di pani morbidi e sostitutivi, continua la sua crescita e chi siede al suo interno ha le idee molto chiare su dove voglia andare e quali dimensioni voglia raggiungere nel prossimo futuro. Con un fatturato triplicato negli ultimi otto anni, Orva, gestita con la maggioranza della famiglia Bravi, non si ferma ai risultati raggiunti finora (compreso quello di non veder calare i propri volumi nonostante i rincari dei prezzi al consumo) e punta ad aumentare sensibilmente il peso dei clienti esteri nel proprio portafoglio, grazie soprattutto a un asso nella manica, ossia la Pinsa che potremmo definire “alla romagnola”, come racconta Stefano Villa, direttore commerciale dell’azienda.



Qual è il vostro fatturato?
Siamo passati dai 25 milioni di euro del 2015-2016 a circa 72 milioni di €, cifra a cui arriveremo alla fine del 2023: è molto per un’azienda che produce pani morbidi e sostitutivi ad un prezzo medio di vendita di circa 2,00 euro al chilo. Fino al 2022 è sul mercato italiano che Orva ha ottenuto risultati importanti. La nostra collocazione è molto variabile: con alcuni clienti siamo nel reparto ambient e nel fresco, con altri solo nell’ambient, con altri ancora solo nel fresco oppure nei reparti di biologico per le nostre gamme bio.



Il 2023 volge al termine: che cosa vede voltandosi indietro? Come sono stati i primi 3 trimestri di quest’anno in rapporto allo scorso e in considerazione delle “tempeste perfette” di questo triennio?
Se la crescita del fatturato oltre il 30% 2023 sul 2022 è data fondamentalmente dal ritocco dei listini, dal punto di vista dei volumi invece abbiamo mantenuto le stesse cifre del 2022, cosa che rappresenta già una grande risultato se pensiamo al triennio penalizzante da cui veniamo, ai costi da affrontare (i nostri forni vanno a gas ed elettricità) e agli aumenti di prezzo che abbiamo sostenuto: questi ultimi hanno influito per il 60-70% sul pane e per il 40-48% sulle piadine, che generano circa il 68% dei volumi in Orva. Proprio alla piadina riserviamo uno spazio e un’attenzione particolare: se i due stabilimenti di Bagnacavallo (Ravenna) sono dedicati al pan bauletto, pan carré, focacce, pinse, american sandwich, piadine e altre referenze, quello di Misano Adriatico (vicinissimo a Riccione), è una vera chicca che produce h24 solo ed esclusivamente piadine fresche Igp.


Qual è la provenienza del vostro grano?
Compriamo dai mulini italiani farina nazionale ed europea. E non potrebbe essere altrimenti: dai nostri stabilimenti escono 100 milioni di confezioni all’anno, cioè quasi 400 mila al giorno, una quantità tale che ci obbliga ad avere farina sempre disponibile e in quantità, cosa che affidandoci al solo grano italiano non potremmo fare.

Producete solo a marchio industriale?
No, affatto. Nel mondo della distribuzione lavoriamo con la Gdo, con i liberi servizi e con i discount, ma facciamo anche B2b con l’industria: produciamo per conto di Barilla (Mulino Bianco), Sammontana, Galbani, De Cecco, San Carlo. Produciamo per il 92% private label e per l’8% prodotti con il brand Orva.

Che dimensioni ha, invece, il mercato estero per Orva? Dove sono presenti i vostri prodotti?
Lo scorso anno l’estero ci ha fruttato 5 milioni di euro, quest’anno circa 10, per il prossimo puntiamo a realizzare oltre 20 milioni di euro. Del nostro fatturato l’87% si fa in Italia e il 13% all’estero, dal 2024 puntiamo ad aumentare quest’ultima quota circa al 24%, soprattutto per diversificare il nostro portafoglio, ma anche i nostri rischi. Esportiamo in Germania, Polonia, Francia, Austria, Svizzera, Ungheria, Be.ne.lux, Spagna, Slovenia, Croazia e paesi scandinavi (dove abbiamo un grande distributore in Svezia, Norvegia e Finlandia); nel 2024 raggiungeremo anche Grecia, Repubblica Ceca, Slovacchia. Nei primi 7 paesi sta riscuotendo un fortissimo interesse la nostra pinsa grazie alla sua digeribilità e croccantezza dovuta alla lunga lievitazione con lievito madre e alla lavorazione manuale.

Cos’ha di particolare la pinsa “made by” Orva?
La nostra non è la pinsa romana, fatta con farina di riso e di soia e sfarinata, ma una pinsa reinterpretata, con farine speciali di grano tenero, dunque più morbida dentro e più croccante fuori. È un prodotto made in Italy, estremamente richiesto, consumato con voracità e difficilmente imitabile, anche vista la sua maggiore praticità rispetto alla pizza. La nostra è l’unica che ha il vassoio da forno, molto pratico e totalmente compostabile. Riceviamo così tanti ordini da non riuscire ad evaderli: a breve entrerà in produzione una seconda linea e stiamo già pensando ad una terza da installare nel 2024.

Dunque è il vostro prodotto di punta?
Il business di punta storico è quello dei bauletti, 42%, 26% piadine, 11% pancarrè, 12-13% fra sandwich e altri prodotti. Tuttavia, nonostante conti per l’8% e la sua distribuzione sia cominciata da appena un anno, la pinsa è quella che al momento è più in voga ovunque e la proiezione è quella di arrivare oltre al 30% nel 2024.

Un tale costo riesce ad avvicinare stabilmente la clientela del discount? Com’è la vostra penetrazione commerciale in quel canale?
La pinsa in questo momento è un prodotto che predilige la qualità al prezzo quindi la grande richiesta è presente anche nel discount. A livello di canalizzazione, infatti, il 36% è rappresentato dal discount, il 39% dalla Gdo (super+ipermercati), il 20% dall’industria (con la quale lavoriamo come fornitori di pl) e il restante 5% da grossisti in generale.

La produzione di pane ha bisogno di un’alimentazione energetica altissima: è la voce di costo maggiore per voi? Come declinate la sostenibilità in ambito energetico?
Ci stiamo orientando verso una energia green con un impianto di pannelli fotovoltaici per oltre un mega. Inoltre stiamo già attuando cambiamenti per un packaging sostenibile.

Novità di prodotto all’orizzonte?
La politica aziendale è quella di orientarsi verso prodotti Made in Italy con un valore aggiunto (prodotti proteici, biologici, salutistici).