Rischia di diventare un filo diretto il rapporto fra i centri commerciali italiani e la giustizia amministrativa.

Dopo i ricorsi annunciati da Scalo Milano prima e dal Consiglio nazionale dei centri commerciali poi, rispettivamente al Tar della Lombardia, e al Tar della Lombardia e del Piemonte contro la chiusura nel week end degli shopping center, applicata solo dai Presidenti di alcune Regioni, ora anche Confesercenti promette di muoversi, ma contro il nuovo Decreto 3 novembre 2020.

Il motivo del contendere è una nuova disparità, già sottolineata dal Cncc, il quale ha chiesto una revisione della legge. Il paradosso è l’obbligo di chiusura, nelle giornate festive e prefestive anche nelle aree gialle, di quei negozi e mercati che vendono prodotti non di stretta necessità, ma solo quando essi sono inseriti nel perimetro degli shopping center. Gli operatori collocati fuori restano invece autorizzati a lavorare.

Confesercenti reputa incomprensibile tale scelta: “I mercati si svolgono principalmente all’aperto, mentre i negozi sono in un ambiente controllato dove è più facile fare rispettare i protocolli di sicurezza ed evitare affollamenti. In questo modo si faranno saltare migliaia di attività e centinaia di migliaia di posti di lavoro. Un provvedimento punitivo, anche perché queste attività sono di fatto le uniche a subire limitazioni: lo stop alle medie e grandi strutture di vendita, pure previsto nelle versioni preliminari del testo, è infatti improvvisamente sparito.

“Se il problema – prosegue la Confederazione - è il rischio di assembramento, qualcuno ci deve spiegare perché altre attività di distribuzione commerciale al di fuori dei centri commerciali, anche quelle di grandissime dimensioni che registrano migliaia di clienti ogni giorno, sono considerate sicure, mentre i banchi extralimentari dei mercati all’aperto e i negozi dentro le gallerie sono, invece, ritenuti pericolosi.

“Si tratta di una grave distorsione della concorrenza, che non possiamo accettare. Sono disposizioni al di fuori di ogni logica, che vanno corrette al più presto. In caso contrario, ci troveremo costretti a ricorrere al Tar: così com’è, il provvedimento assesterà un colpo insostenibile a queste imprese, che realizzano oltre il 50% del proprio fatturato proprio nelle giornate di sabato e di domenica”.