Dopo due anni di limitazioni salta da domani, primo aprile, ogni restrizione anti Covid per il commercio al dettaglio. Non servono più né il green pass base (tampone), né quello rafforzato (vaccino o guarigione) per nessun tipo di negozio, sia esso alimentare o non alimentare.

Resta comunque, fino al 30 aprile, l’obbligo di indossare la mascherina in tutti i luoghi al chiuso, dunque anche in supermercati, ipermercati e botteghe.

Idem per i centri commerciali, che subiscono però alcune cautele limitatamente a sale cinematografiche, palestre (e centri benessere), tutte attività che sono soggette, per un altro mese, al super green pass, indipendentemente dalla loro collocazione.

L’elemento più critico, secondo il decreto varato dal Cdm il 17 marzo e pubblicato il 24 marzo sulla Gazzetta Ufficiale, è quello della ristorazione non alberghiera, dove ancora servirà il tampone, ma solo nelle sale interne. Libera invece la consumazione presso dehors e tavolini all’aperto.

Questa distinzione non ha mancato di sollevare le critiche di Fipe-Confcommercio, secondo la quale «l’eliminazione del green pass con la fine dello stato di emergenza non può escludere la ristorazione. Oltre il 40% dei turisti alloggia in strutture ricettive extra alberghiere e bar e ristoranti sono servizi essenziali del soggiorno. In più il controllo del certificato verde a carico degli esercenti per l’accesso ai pubblici esercizi era ed è una misura emergenziale e come tale deve essere superata nel momento in cui si conclude lo stato d’emergenza (31 marzo). Imporre questo impegno per altri 30 giorni ai gestori dei locali, in una stagione determinante per le attività turistiche quale è l’avvio della primavera e con la Pasqua alle porte (17 aprile), non ha più alcuna giustificazione. Ogni giorno l’obbligo impone di dedicare almeno una persona a questo compito a fronte di un numero minoritario di “no vax” che ha già deciso, a prescindere, di non vaccinarsi».