I livelli di infedeltà sono in aumento tra i consumatori di tutto il mondo, con solo l'8% delle persone che preferisce rimanere sul sicuro, provando raramente nuovi brand e prodotti. Il dato emerge dal recente studio ‘Disloyalty’, condotto da Nielsen su un campione di oltre 30.000 clienti finali connessi a Internet in 64 Paesi.

L’analisi dimostra che il pubblico è attivamente alla ricerca di novità, grazie anche all'aumento del reddito pro capite nei mercati in via di sviluppo, che ha come conseguenza la riduzione dei rischi correlati all'acquisto di beni non ancora conosciuti.

Un significativo 42% afferma di provare nuovi prodotti/brand molto volentieri e quasi la metà (49%) - pur preferendo comprare ciò di cui ha già esperienza - è disposta a sperimentare.

Anche le percentuali italiane sono indicative della voglia di novità: il 35% ama le merceologie più giovani e il 57% è disposto a testarle almeno ogni tanto.

In generale i consumatori delle regioni asiatiche e del Pacifico hanno una maggiore propensione a questa particolare infedeltà e il 47% di loro dichiara di sentirsi attratto dalle nuove proposte. Al contrario le popolazioni del Nord America e dell'Europa sono le meno inclini ad abbandonare i propri brand preferiti (36% e 33% rispettivamente).

"L’aumento dell’infedeltà nei consumi crea nuovi rischi, ma anche opportunità di diversificazione dell’offerta - commenta Christian Centonze, food industry director di Nielsen Italia -. Parte di questa infedeltà è riconducibile al cosiddetto effetto Amazon, che ha espanso le possibilità di scelta e creato una maggiore consapevolezza sui prezzi. Ma non solo. Anche la sempre maggiore convergenza tra online e offline cambia le logiche di relazione con i clienti. Marche e insegne devono lavorare sulla customer retention, dando sempre maggiore rilevanza ai servizi correlati al prodotto, sempre più parte integrante di una relazione capace di sfuggire a una logica di prezzo".

A livello globale il 39% dei soggetti indica il rapporto qualità-prezzo come fattore chiave nella scelta di un nuovo marchio/prodotto, seguito da una qualità superiore (34%), dal mero prezzo (32%) e dalla comodità (31%). Allo stesso tempo solo il 28% è influenzato dalla notorietà e affidabilità del brand.

Questo scenario spiega perché le aziende italiane spendano già una parte molto rilevante del budget di marketing per le proprie strategie di fidelizzazione della clientela, come afferma l’Università di Parma nel recente documento “Il mercato dei servizi e dei prodotti per il loyalty management in Italia”, che trae origine, a sua volta, dall’Osservatorio fedeltà dell’ateneo emiliano.

La fonte spiega che l’offerta di servizi sta cambiando, evolvendo e orientandosi verso strumenti sempre più evoluti e omnicanali. “Per realizzare i proprio obiettivi gli operatori economici – si legge - ricorrono a servizi, strumenti e prodotti di una varietà di fornitori, da quelli di reward e premi fino agli strumenti di customer intelligence e analytics e alle piattaforme di digital engagement”, che drenano il 42% del budget per la fidelizzazione.

Parliamo di cifre che continuano a crescere negli anni, tanto che, a livello mondiale, varie fonti stimano che il mercato dei servizi e prodotti per la fidelizzazione (Spf) possa continuare a crescere tra il 15 ed il 20% nei 5 anni a venire.

Le aziende italiane – si legge – investono quote crescenti del budget di marketing per attività di fidelizzazione. Tra i rispondenti alla nostra indagine (500 questionari di cui 363 validi) la percentuale varia dal 36% al 64% a seconda del settore”.

Oggi l’investimento loyalty delle nostre imprese è ripartito, quasi alla pari, tra attività rivolte a tutta la clientela (26%) e personalizzate (21%), ma nel tempo la personalizzazione ha assorbito sempre più risorse: nel retail (grocery e non food), per esempio, il peso delle attività personalizzate è passato da 4% del 2011 al 12% del 2012, fino al 20% del 2018.

Altro fatto degno di nota: quasi tutte le imprese intervistate (95%) hanno in programma cambiamenti alla propria strategia di loyalty nel 2019. Circa una su due (46%) interverrà sul fronte della customer experience per realizzare più personalizzazione e riconoscimento del cliente nei vari touchpoint. Una su tre (38%) investirà per disporre di migliori insight cliente, un orientamento che si dimostra molto netto presso la Gdo e l’industria.

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