Molto giovani, sempre più inclini a cercare in rete notizie sui prodotti, ma ancora legatissimi al punto vendita fisico. Questo il ritratto dei consumatori italiani dai 18 ai 24 anni che è emerso dalle parole di Laura Fusi, shopper account director di Iri, durante la tavola rotonda che Distribuzione Moderna ha dedicato all’esperienza di shopping nell’era di Amazon.

L’evento si è svolto in occasione dei DM Awards, il riconoscimento che la nostra testata dedica, ormai da 8 anni, alle migliori iniziative di comunicazione digitale messe in atto dalle insegne retail.

Lo scenario accennato in apertura trova i suoi fondamenti nella ‘European shopper survery’, l’analisi Iri sulle attitudini di acquisto dei millenial del nostro continente, suddivisi in tre fasce di età: 18-24 anni, 25-34 e da 35 in su.

Le ricerche da cellulare sono considerate, dal 55% dei soggetti, la migliore fonte di comparazione delle offerte grocery e anche il mezzo per scegliere il negozio preferito. E non si tratta di semplice curiosità, visto che poi, nel 20% dei casi, questa attività si concretizza in un atto di acquisto. Per inciso: le principali fonti sono, nell’ordine, i social, i blog e YouTube e i siti delle aziende.

Nella sola Italia (507 millenial intervistati) la percentuale di chi usa lo smartphone come consigliere di acquisto è leggermente sotto la media, ma comunque molto rilevante, attestandosi sul 51 per cento.

Sommando tutti i device e considerando solo i più giovani, la quota scende al 44% rispetto al 61% dell’Europa e questo perché il buon, vecchio pc ha un ruolo molto meno rilevante nella prima fascia di età.

Il fatto più evidente, che emerge da ‘European shopper survey’, è la correlazione inversa fra l’età e la propensione a considerare Internet un terreno informativo. Informativo perché, nel grocery, l’esperienza in negozio mantiene, per gli italiani, un peso schiacciante: 82% per la fascia 18-24 anni e 89% per quella over 34. Il commercio elettronico si deve 'accontentare' di un 13% rilevato nel cluster dei più giovani e di un 6% se prendiamo in esame i ‘senior’.

Altro elemento che caratterizza i nostri connazionali è la maggiore apertura verso l’acquisto online di alimenti confezionati, che si attesta al 10% circa contro una media continentale dell’8 per cento. E il dato dei millenial italiani si avvicina a quello dell’acquisto online di prodotti molto più classici per il canale, come il cura persona, che supera di poco il 12 per cento. Freschi e bevande, invece, hanno ancora una presa limitata e si piazzano al 5-6 per cento.

Per la fascia dai 18 ai 24 anni i benefici chiave dell’acquisto in Rete sono il risparmio di tempo (59% Italia e 44% Europa), la maggiore libertà di acquisto (44 vs 39) e il più ampio assortimento, 44 contro 37.

Altre riflessioni e conferme arrivano dalla ricerca presentata da Matteo Cantamesse, docente di Psicologia sociale della comunicazione mediata all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e socio fondatore di Spice Research, laboratorio specializzato nelle analisi dei consumi, nel posizionamento dei marchi e dei prodotti e nella relativa comunicazione.

L’argomento di fondo è, anche qui, l’influenza delle innovazioni retail sul processo di acquisto, studiata su un campione di 2.090 persone dai 25 ai 65 anni, responsabili di acquisto di almeno una delle maggiori categorie del largo consumo: alimentari, elettronica, pet, bellezza e drug.

Se lo scenario ideale è la multicanalità diffusa e universalmente accettata, i dati indicano una realtà ben diversa. Basta dire che se il 46% dei soggetti è fortemente incline a sperimentare il nuovo che avanza, il restante 54% è scettico e comprende i pochi che considerano del tutto inutili le tecnologie (2%), coloro che ne sono attratti ma hanno paura (19%), quelli che preferiscono mandare avanti parenti e amici (19) o, infine, quelli che che utilizzano il digitale raramente, pur considerandolo valido (13%).

I driver principali che guidano la potenziale diffusione della telematica nel largo consumo sono la maggiore autonomia nelle scelte di acquisto (36%), seguita dalla semplificazione della vita quotidiana (32%). Ma una fetta dell’11% sottolinea che il digitale rende troppo freddo il rapporto con la distribuzione.

Si osserva che i touchpoint più maturi sono anche quelli più utilizzati, specie dai giovani, visto che si rileva, nuovamente, una solida correlazione inversa fra età e nuove tecnologie.

In negozio il self checkout e il self scanning, una volta sommati, polarizzano quasi il 90% delle occasioni di interazione digitale. Anche nell’e-commerce si preferisce un classico, come il sito, alle varie app, sito che vince anche come mezzo di comunicazione, con il 55% delle preferenze, rispetto al 24% dei social.

Nei vari momenti di contatto con le nuove tecnologie retail un 17% dei soggetti, soprattutto senior, ha bisogno di un supporto e un 74% denuncia la carenza della Gdo, che, a parere degli intervistati, non offre questo tipo di servizi.

I touchpoint online della distribuzione - sito, app, social e altri - sono percepiti come poco rilevanti dal 49% dei soggetti, che non li impiegano affatto, ritenendo che nella ‘piazza multimediale’ non ci siano molte notizie utili per gli acquisti. Tuttavia chi fa ricorso ai mezzi digitali dà comunque un voto positivo, del 7,8 sulla classica scala a 10 punti.

Le due analisi arrivano, praticamente, alla stessa conclusione. L'affermarsi del digitale è una questione di tempo: con l’andare degli anni le nuove generazioni di oggi esigeranno le nuove tecnologie. Spetta ai vari distributori raccogliere la sfida… prima che sia troppo tardi.


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