Previdenti, individualisti e piuttosto egocentrici: questo il ritratto dei nostri connazionali secondo ‘Miti dei consumi, consumo dei miti’, ricerca realizzata dal Censis in collaborazione con Conad.

Spiega il direttore generale di Censis, Massimiliano Valerii: “Le famiglie avevano previsto la recessione: per questo hanno continuato a tenere i soldi fermi e i consumi non sono ripartiti. Ma il mistero dei consumi non si spiega solo con le variabili economiche. Conta l’immaginario collettivo, in cui vince la potenza della soggettività. Si scelgono sempre più i prodotti in grado di migliorare la qualità della vita e che incarnano l’idea che il consumatore ha di sé e del mondo, che vorrebbe poter migliorare”.

La popolazione non si fa troppe illusioni sul futuro: il 70,5% è convinto che nei prossimi 12 mesi non potrà spendere di più e, del resto, il potere d’acquisto è basso e non è ancora tornato ai livelli precrisi: -6,3% nel 2017 rispetto al 2008. La domanda, intanto, è in affanno (-2% nello stesso intervallo cronologico) e i soldi restano fermi, con una liquidità che è aumentata del 17,1% nel periodo 2008-2018.

L’orientamento prevalente è di comprare e, nel caso, pagare anche un po’ di più, quei prodotti che (soggettivamente) fanno stare bene e consentono all’individuo di dire qualcosa di sé.

Così crescono ancora i free from, come il senza lattosio (+8,5% in valore in gennaio-agosto 2017-2018 nei Pdv Conad), le formulazioni con farine benessere e a base di cereali superfood (+3,1%, di cui la pasta vegetale +30,2% e i biscotti +11,5%), gli integratori (+3,3%, di cui gli antiossidanti +19,5% e le vitamine e minerali +12,3%). Sono, in sintesi, i consumi, anche questi ormai un po’ stereotipati, dell’io che vuole bene a se stesso.

A tirare, inoltre, sono i biologici (+8%, di cui le bevande +23,8% e l’ortofrutta +17,2%) che, oltre a fare stare bene il consumatore, gli consentono di dire la propria sul mondo e lo gratificano nella convinzione di riuscire a cambiarlo. E si registra anche il boom del prodotto certificato: i vini Doc e Docg italiani biologici (+27,8% nello stesso periodo) e i vini Igp e Igt, sempre italiani e biologici (+26,1%) che sono, volendo, anche il simbolo di una fusione fra italianità e bisogno di volersi bene.

Il marketing cambia e per catturare il nuovo consumatore prova a inseguirlo nel suo tour tra i diversi canali di comunicazione. Nell’ultimo anno 23,7 milioni di persone hanno acquistato un prodotto, o un servizio, perché ne hanno visto o sentito la pubblicità su tv, radio, giornali o riviste, 18 milioni perché ne hanno visto o sentito la pubblicità sui social network, 7,7 perché consigliati da un influencer su blog e social media, 6,8 perché persuasi da una celebrità di cui si fidano. Però sono 17 milioni coloro che non hanno acquistato certi prodotti in quanto hanno giudicato fuorviante la comunicazione. E quasi 37 milioni hanno comprato in totale autonomia, senza fidarsi di alcun messaggio.

È un sentiment che la ricerca definisce come ‘egopower’ (egotismo), un insieme di diffidenza e gelosa custodia della propria autonomia decisionale. Il nuovo consumatore è un mix di razionalità ed emozioni, con una visione del mondo che lo rende diffidente anche verso gli esperti e le varie competenze (il 25% dei giovani ne diffida), ma che talora non lo protegge dalle fake news.

Sottolinea l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese: “La crisi che sta attraversando l’Italia non è più solo economica, ma anche sociale: la politica del rancore e dell’intolleranza ha incoraggiato la diffusione di un atteggiamento di ostilità e chiusura in tutti gli strati della società. Ma una società che resta ripiegata su sé stessa, intrappolata nella paura e diffidente verso tutto ciò che è altro non può che decrescere. Compito delle imprese è remare in direzione opposta, dando spazio ai valori positivi attraverso una narrazione in cui emergano principi come condivisione e comunità, e adottando un modello di impresa improntato alla sostenibilità, non solo ambientale, ma anche sociale ed economica”.

Ben più esplicito Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto: “Mi preoccupa che siano figure come gli influencer i miti riconosciuti dall'opinione pubblica, soprattutto giovanile, piuttosto che chi crea lavoro, sviluppo, occupazione, know how e quotidianamente rinnova il made in Italy. Ancora di più impensierisce che non ci sia la volontà politica di riconoscere il momento, estremamente critico, che stiamo attraversando e che anzi questo diventi un alibi per non intervenire con urgenza nei modi richiesti dalla dimensione del problema, problema certificato dai recentissimi dati macroeconomici negativi. Manca la capacità politica di guardare al medio-lungo termine, di fornire le condizioni minime che permettano di realizzare sogni e aspirazioni, che sono il vero motore di un Paese. L'attuale compagine governativa, per la natura stessa di come si è venuta a creare la maggioranza, ha le mani legate ed è più concentrata sulle prossime elezioni che su cosa vogliamo essere tra 5 o 10 anni”.

E conclude: “Una manovra di stampo ‘assistenzialista’ non può funzionare meglio di un piano di incentivi economici quale è stato ‘Industria 4.0’, con la sua leva di moltiplicatore. Quando abbiamo attaccato il Decreto Dignità siamo stati insultati e accusati di disfattismo, ma oggi i nodi cominciano a venire al pettine. Se, nonostante le zavorre, siamo ancora nelle prime 10 economie mondiali vuol dire che la nostra capacità imprenditoriale è forte, ma va tutelata perché stiamo perdendo vantaggio rispetto ai competitor internazionali”.

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