di Luca Salomone

Come molti Paesi poco popolati - 733 mila abitanti, ma su una superficie di oltre 1 milione e 700 mila mq, che la rende il più grande Stato Usa – l’Alaska è una nazione fortemente vocata all’export, alimentato da ingenti risorse naturali. Le materie prime - petrolio, minerali e legname - sono veri asset, insieme al settore ittico, che può contare su più di 3 milioni di laghi, 3 mila fiumi e numerosi chilometri di costa su tre mari diversi: Oceano Artico, Oceano Pacifico e Mare di Bering.

I dati Ice precisano che lo Stato rappresenta una delle regioni più pescose al mondo. La produzione è sia ampia che varia: 5 tipi diversi di salmone, 3 tipi di granchi, diversi tipi di pesci, gamberi e aringhe vengono raccolti ogni anno per essere venduti nel mercato interno, o in quello internazionale.

I tipi di pesce vanno dal salmone al pollock, dall’halibut all’eperlano e ancora aringa, granchio, merluzzo, gamberi…

L’industria ittica locale comprende sia aziende di notevoli dimensioni, con imbarcazioni di grosso tonnellaggio, sia piccole imprese familiari e dà lavoro a circa 78 mila persone. Il pescato è prossimo ai 3 milioni di tonnellate (nei mari d’Italia si arriva a 180 mila), per un valore che supera i tre miliardi di dollari. La filiera è organizzata intorno ad Asmi come ci racconta il suo rappresentate per la regione Europa, David McClellan.

Chi è Asmi?

Asmi, acronimo di Alaska seafood marketing institute, e un’associazione interprofessionale di produttori ed esportatori che collabora con le istituzioni, ma non è affatto un organismo di tipo governativo. Rappresenta la nostra industria ittica. Ha la propria sede a Juneau, in Alaska, e uffici a Seattle, Barcellona, San Paolo, Parigi, Londra, Tokyo e Pechino. Asmi promuove il consumo di prodotti dei mari dell’Alaska attraverso programmi di formazione, di ricerca, pubblicitari e promozionali nei suoi principali mercati. Ci rendiamo visibili in vari modi, attraverso le fiere, le campagne pubblicitarie e le settimane a tema. Con la ristorazione, per esempio, organizziamo regolarmente le settimane del salmone d’Alaska.

L’Europa e l’Italia sono importanti?

Il nostro obiettivo è produrre, trasformare e vendere nel resto del mondo, ma, negli anni, il ruolo dell’Europa è diventato sempre più strategico, rispetto a quello del mercato interno Usa, non solo come cliente, ma anche come trasformatrice locale, specie per ottenere il baccalà e per affumicare il salmone. In questo contesto, ovviamente, l’Italia, con il suo grande mercato alimentare e la sua sensibilità per la buona tavola, ha, anche dal punto di vista degli acquisti, un posto di rilievo.

Quali prodotti sono best seller?

Sicuramente la nostra testa di ponte è il salmone selvaggio, che in generale è, per l’Alaska, uno dei fiori all’occhiello alimentari, insieme al merluzzo. Ma potrei anche dire che tutto l’ittico del nostro Paese è un vero punto forza, con la sua genuinità, sostenibilità e qualità: dal pesce bianco, alle uova di salmone, ad alcuni crostacei come Granchio reale, Granceola e Granciporro, che popolano le acque incontaminate del Golfo di Alaska, nel Pacifico, e del Mare di Bering, all’estremo nord dell’Oceano e connesso al Mar glaciale artico. Basti dire che, sul nostro sito, ci sono ben 160 ricette di pesce.

Parliamo di canali distributivi…

In Italia riforniamo un centinaio di ristoranti, insegne di alta qualità, come Eataly e soprattutto i nostri distributori intermedi. Attraverso queste aziende raggiungiamo anche una parte della Gdo. In questo canale Gruppo Pam, per esempio, è uno dei nostri partner storici.

Il mercato del salomone è in forte crescita. Questo vale, anche per chi offre prodotto selvaggio?

Confermo che il settore è diventato, negli anni, molto ampio. Non più solo un prodotto di fascia top e riservato a occasioni speciali, come le feste fine anno per l’Italia, ma alimento di uso abituale e, grazie all’allevamento, alla portata di tutti. Dunque, anche il prodotto selvaggio, più raffinato e costoso, ha avuto una visibilità enorme, creando una vera abitudine di acquisto e una cultura di prodotto. In questo senso i prodotti premium non sono stati danneggiati ma, anzi, hanno trovato il giusto posizionamento presso quei consumatori che vogliono portare in tavola una qualità elevata.

Come vanno i consumi nel nostro Paese?

Da varie ricerche si scopre che il salomone affumicato ha oggi, in Italia, una penetrazione superiore al 70 per cento e registra tassi di crescita annui a doppia cifra, una tendenza che contrassegna in realtà tutta l’Europa, anche se con tendenze di sviluppo variegate. Il solo segmento del prodotto allevato era stimato, in valore, in 400 milioni di euro un paio di anni fa. Dunque, il prodotto è sempre più strategico sia per la ristorazione, sia per la distribuzione al dettaglio, sia per le pescherie. Ovviamente, ribadisco, il selvaggio costituisce la fascia alta, accontentando i palati più raffinati.

E oltre al salmone?

Come le dicevo uno dei prodotti meritevoli e più in espansione è il merluzzo, nel nostro caso il pollack, o merluzzo giallo. L’Alaska ha una buona offerta di fresco e baccalà, ma poiché l’offerta è dominata dal Nord Atlantico, non è ancora tempo per sfruttare a fondo la provenienza.

Sono stati e sono anni difficili. La congiuntura ha inciso sul vostro business?

I rincari della materie prime, dei carburanti, della logistica e, soprattutto, la forza del dollaro, ci hanno sicuramente ostacolato, come hanno ostacolato tutti gli esportatori dall’area Usa. Ora le condizioni sono in lieve miglioramento, anche se la propensione ai consumi in generale risente di tensioni notevoli in moltissime nazioni. La guerra fra Russia e Ucraina, inoltre, ha creato nuove barriere, ma quello che prevale, per fortuna, è il successo dei prodotti buoni e ben fatti e dell’ittico, sempre più importante nella dieta delle persone. Insomma, la congiuntura è difficile, ma la struttura della domanda è sana e favorevole.

E in Russia, in particolare?

Come esportatori siamo stati danneggiati in modo diretto dal conflitto. In Russia esisteva un forte mercato per il caviale di salmone dell’Alaska, ma anche un’interessante richiesta di merluzzo. Ora, evidentemente, il business è fermo.

In Alaska quali sono i prodotti italiani più diffusi?

Come in molti altri Paesi del mondo e in tanti altri Stati Usa ci sono veri must. I pilastri dell’import sono i grandi classici: vino, pasta, pizza. Insomma, la dieta mediterranea.