La filiera del grocery regge? Ci sono speculazioni da parte di alcuni commercianti? E poi tanti decreti servono davvero, senza i debiti distinguo, alias, norme attuative? Un pacchetto di domande indigesto, che abbiamo girato a Giorgio Santambrogio, presidente di Adm e amministratore delegato di Gruppo Végé.

Gli approvvigionamenti sono assicurati in modo continuativo, a eccezione di eventi straordinari quali, per esempio, scioperi proclamati dal personale addetto ai trasporti, o al rifornimento del carburante. La consegna delle derrate alimentari presso i punti vendita, insomma, è sempre garantita e la parziale mancanza di determinati prodotti a scaffale - come farine o lieviti - non è da attribuire a eventuali crepe all’interno del settore agroalimentare italiano”, risponde l’interlocutore.

Però viene il dubbio che qualcosa non funzioni e che alcuni rivenditori, stiano mettendo in atto speculazioni sui prezzi dei prodotti, contrariamente a quanto accade nella Gdo, dove, molti marchi hanno garantito prezzi fissi, anzi scontati per tutti coloro che hanno diritto ai buoni spesai. Cosa ne pensa?

“I punti vendita della grande distribuzione organizzata – risponde Santambrogio - gestiscono in modo più efficiente i prezzi dei prodotti rispetto ai piccoli, anche perché l’appartenenza a catene nazionali garantisce loro maggiore coordinazione. Confermo che una larga parte delle realtà legate al sistema del retail moderno ha congelato i prezzi e continuerà a farlo". Anzi ha fatto anche di più per chi è in difficoltà, prevedendo sconti del 10-15% in abbinata ai buoni spesa.

È interessante segnalare, inoltre, che in piena emergenza Coronavirus, le performance registrate dai singoli esercizi sono inversamente proporzionali rispetto alla dimensione del punto vendita: ne sono un esempio le percentuali stabilite dagli ipermercati, che, secondo i dati perdono, mentre sono in crescita i supermercati e, soprattutto, i liberi servizi.

Ma è proprio vero che la Gdo sta realizzando vendite da capogiro? “È vero e non è vero – risponde il presidente -. Mi spiego: se guardiamo i dati Iri, inerenti alla dodicesima settimana rispetto alla corrispondente, scopriamo che l’andamento generale si attesta al +6,4: si tratta di una buona prestazione che vede, nel dettaglio, il Nord-Est e il Sud sfiorare il +10 per cento, mentre al Nord-Ovest la corsa al rifornimento rallenta, con un +3,3 e il Centro sta, in tutti i sensi, nel mezzo, con un +5,2 per cento. Dunque, tutto sommato, il sistema cresce nella variazione tendenziale. Ma a questo dobbiamo sottrarre nuovi costi, relativi a tutto il settore della logistica e dei rifornimenti, più le crescenti spese imputabili alle rafforzate attività di sanificazione”.

Passiamo al personale: premi di produzione, assicurazioni, iniziative di sostenibilità umana per i lavoratori. Indubbiamente lo sforzo è reale, ma è anche omogeneo? “Lo sforzo, ovviamente, non può essere deciso collettivamente – argomenta Santambrogio -, ma spetta alle singole catene e ai singoli imprenditori adoperarsi in questo senso. Peraltro, il sistema sta dimostrandosi molto sensibile al rischio che, in questo momento, corrono tutti gli addetti, costantemente al lavoro e costantemente a contatto con il pubblico”.

Richieste al Governo? “Direi una sola, ma molto importante: chiarezza. Adm, Federdistibuzione, e quelle insegne che sono dotate di un certo grado di autonomia, hanno sollevato questioni varie, ma molto spesso riconducibili a questo comune denominatore. Adm, forse più nettamente e in anticipo, si è rivolta al Ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, e al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con la richiesta di specificare innanzitutto il significato della locuzione ‘accessibilità del punto vendita’. Non è infatti assodato che un cittadino, facendo la spesa in un comune diverso da quello di appartenenza, debba fare più strada di quella che farebbe rimanendo entro i confini municipali (punto poi chiarito dalle Autorità con apposita circolare, ndr.). Ma c’è, come abbiamo detto, una questione ben più seria: vogliamo decreti più intellegibili, applicabili facilmente, omogenei su tutto il territorio italiano, perché non è pensabile che i retailer e i consumatori debbano sforzarsi di continuo di interpretare e incrociare norme nazionali e locali, con il rischio di pagare sanzioni più o meno salate o, addirittura, di incorrere in illeciti penali. Prenda il caso dei prodotti non food venduti nella Gdo, a partire dalla cancelleria e cartoleria, in realtà indispensabili in tempi di telescuola e di telelavoro. Nessuno ha capito se siano o meno vendibili, con il risultato che ciascuno procede in ordine sparso”.

Ancora Adm ha proposto di rendere accessibili, anche ai privati cittadini, cioè non detentori di partita Iva, i cash and carry, mentre le singole insegne dibattono, in modo autonomo, circa i turni di chiusura e, specie la domenica, ciascuno decide quasi in autonomia e/o in funzione di norme locali.

Concludiamo con la ripresa: come sarà secondo lei? “Sarà possibile – risponde Santambrogio - solo attraverso il concreto supporto ai consumatori. Detto brutalmente: la gente ha sempre meno soldi, perché l’emergenza sanitaria ha aperto un’inevitabile emergenza economica, con lavoratori dipendenti in cassa integrazione e lavoratori autonomi in difficoltà. Lo Stato, allora, è chiamato a garantire il proprio sostegno a tutti: in caso contrario anche la grande distribuzione potrebbe accusare pesantemente il colpo. Sommiamo a questo quella che alcuni hanno battezzato ‘spesa di guerra’, ossia la tendenza, assurda, ad accumulare confezionati e, peggio ancora, prodotti freschi. I primi vivranno un rallentamento, mentre per i secondi si stanno già innescando deprecabili fenomeni di spreco. L’invito che rivolgiamo ai consumatori è semplice: fate una spesa abbondante e poco frequente, per evitare di uscire di casa troppe volte, ma fatela ragionata, con tanto di lista, in quanto, lo ripeto, i prodotti non verranno mai a mancare nei negozi”.

(Intervista raccolta il 23 marzo 2020)