Il 2020 è stato un anno molto positivo per Pac 2000A, la più grande cooperativa del mondo Conad. Distribuzione Moderna ha chiesto al suo Presidente, Claudio Alibrandi di spiegare i motivi di tanto dinamismo.

Quali i fatti chiave dell’ultimo esercizio?

Innanzitutto, l’acquisizione di Conad Sicilia, scaturita dal piano nazionale di aggregazione delle Cooperative del mondo Conad, un piano che viene da lontano. Infatti, all’inizio degli anni Ottanta, le nostre cooperative associate erano circa 200, mentre oggi le imprese sono 5, un’evoluzione che ha creato vere potenze economiche, con un forte potere contrattuale e una presenza molto capillare sul mercato. Ricordo che l’altra grande fusione è stata fra Nordiconad e Conad del Tirreno, avviata a metà del 2019, per arrivare alla costituzione di Conad Nord Ovest.

In cifre?

In cifre l’ingresso di Conad Sicilia, insieme all’acquisizione di una parte della rete Auchan, ha portato Pac 2000A a chiudere il 2020 con un fatturato di 4.131 milioni di euro, in crescita del 28,65% rispetto al 2019. Il patrimonio netto è salito a 828 milioni di euro e l’utile netto a 55 milioni.

E la rete?

Il numero di punti vendita è cresciuto a 1.479, ai quali si aggiungono 75 concept, pensati per rispondere a un ampio ventaglio di esigenze (Parafarmacie Conad, Pet Store Conad, Conad Self e Ottico Conad) per una superficie totale di vendita di 953.212 metri quadrati. La quota di mercato, dal canto suo, si è attestata al 20,57%, in aumento dello 0,77% rispetto al 2019. Nel 2020 la cooperativa è arrivata a contare 1.065 associati e il numero degli addetti, ha raggiunto 20.681 persone (+7,35% rispetto al 2019.

Tutto merito delle acquisizioni?

Non solo. Le due operazioni hanno avuto certamente un peso importante, di circa il 20% sulla nostra crescita, ma la cooperativa, al netto delle acquisizioni, avrebbe avuto comunque robuste performance.

Secondo lei è vero che il Covid ha messo il turbo alla Gdo?

A dispetto di tutto quello che si dice, l’emergenza sanitaria non è stata determinante. A fronte di negozi in forte crescita, molti altri della nostra rete hanno accusato il contraccolpo dei vari lockdown e delle molteplici limitazioni: parliamo specialmente di punti vendita di periferia, o collocati nei centri commerciali, oppure rimasti, per così dire, ‘isolati’ dai centri urbani a causa del divieto di attraversare i confini del proprio comune di residenza. Al contrario, per noi come per gli altri competitor, ad andare forte è stato tutto il canale prossimità. Il blocco della ristorazione, con il trasferimento di molti consumi nel retail, ha dato probabilmente il maggiore contributo alla distribuzione alimentare. Anche qui però non bisogna dimenticare che un prodotto, se acquistato al supermercato, ha un prezzo e un margine decisamente inferiori agli standard del bar e del ristorante. In sostanza, dunque, tutto il sistema Italia è uscito impoverito da questa ‘grande batosta’.

Quanto è grande il vostro presidio?

Il gruppo è oggi presente in 5 Regioni: Umbria, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia. Le prime due sono le aree storiche e dunque con la maggiore capillarità distributiva. Siamo poi in forte sviluppo in Campania, mentre in Calabria e in Sicilia stiamo rimodellando la nostra logistica, per adeguarla, con nuovi magazzini e nuovi centri di smistamento delle merci, al nostro livello di efficienza. Questo, naturalmente, è un passaggio fondamentale e una premessa allo sviluppo della rete.

Rimaniamo sulla logistica. Quali sono i vostri progetti più significativi?

Per esempio, abbiamo dato il via a una realizzazione di portata nazionale nel mercato dei surgelati. Il problema maggiore, che emergerà fortemente nei prossimi anni, riguarda le risorse umane, in quanto il lavoro prolungato in una cella a -30 gradi, nonostante giubbotti, tute e scarpe termiche, nuoce gravemente al fisico. Stiamo pensando così di creare due hub nazionali – uno per il Centro Sud e uno per il Nord - completamente meccanizzati. Questo ci permetterà anche di ampliare l’offerta di ‘alimenti sottozero’ che oggi, specie dopo la pandemia, deve essere ancora più ricca e ancora migliore della proposta che si può trovare nei freschi. Molti consumatori hanno scoperto la comodità di avere una scorta domestica di surgelati e il settore è in pieno sviluppo. La logistica, in sostanza, sta diventando sempre più decisiva, ma per investire in opere come queste bisogna avere spalle forti il che, nel nostro caso, vuol dire grandi cooperative.

Parliamo del vostro nuovo centro carni…

Da marzo 2021 ha cominciato a lavorare a pieno regime il nostro polo produttivo e logistico delle carni, situato a Fiano Romano, nella cintura metropolitana della Capitale. La struttura, con 150 addetti, 13.500 mq di superficie e una produttività giornaliera di oltre 75.000 confezioni, potrà, a mio avviso, contribuire a rilanciare un settore forse un po’ troppo bistrattato. Il centro di Fiano Romano realizza molte lavorazioni particolari, aggiungendo valore ai prodotti. Pensiamo solo alle centinaia di hamburger che ogni giorno escono dalla nostra ‘fabbrica’, con il plus di una forte garanzia di tracciabilità e costanza delle materie prime, sempre scelte dalla stessa razza e dallo stesso taglio animale. Ci sono poi le lavorazioni di chianina, di piemontese e di altre varietà zootecniche pregiate. In Lazio, Umbria e Campania il nostro progetto ha spinto gli allevatori locali a formare cooperative che oggi lavorano in esclusiva per noi e che hanno potuto, in questo modo, raggiungere un buon equilibrio finanziario, grazie a un rapporto commerciale che rispetta sempre i principi di equità.

A suo avviso qual è oggi il format ideale per la Gdo?

Sicuramente il nostro format chiave resta il supermercato. Credo che la struttura emergente sarà, nei prossimi anni, quella compresa fra 3.000 e 5.000 mq, prettamente alimentare e multi-specializzata, dunque con assortimenti ampi e profondi in ogni categoria food. Le grandissime superfici non sono più attuali, sia perché si collocano di solito, in zone periferiche e più scomode da raggiungere, ma soprattutto perché il punto vendita di 8.000-10.000 mq finisce per inficiare il concetto di specializzazione, nello sforzo di riempire tutto lo spazio commerciale. Del resto, oggi tutta la distribuzione va verso la specializzazione e chi deve acquistare, tanto per fare un esempio, un televisore, o un prodotto informatico, si orienta verso le insegne dell’elettronica. Sviluppare il format che ho indicato pone, in ogni caso, notevoli problemi burocratici: dai 2.500 mq in poi le leggi parlano di ‘grande struttura’, mentre da 250 a 2.499 si considera ‘media struttura’. Ma un progetto da 300 mq è ben diverso da uno di 2.400 mq, come non è la stessa cosa uno da 3.000 e uno da 10.000. Bisognerebbe che il legislatore rivedesse i criteri di classificazione e allentasse i vincoli stringenti che investono ancora i grandi punti vendita.

Concludiamo con le private label…

Come è noto Conad è uno dei gruppi nazionali che vantano la maggiore incidenza del marchio del distributore, con una media del 30% circa e picchi del 40% in certi territori, come la Romagna. Pac 2000A, specie nelle regioni core, Lazio e Umbria, è in linea con il dato di Conad nazionale. Ci sono dunque ancora spazi di crescita, specie per i nuovi modelli di Mdd appartenenti alla fascia alta dell’offerta alimentare, destinati a essere sempre più presenti e distintivi. Voglio aggiungere, a tutto questo, che il mondo Conad è un grande ambito di circolazione di specialità locali e del territorio e offre, spesso e volentieri, una platea allargata ai molti e pregevoli localismi del made in Italy e alle numerose Pmi che li alimentano e li costituiscono, preservando un patrimonio che altrimenti rischierebbe di disperdersi.