Un italiano su due ancora non conosce il significato della parola Raee - Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche - e il gap aumenta quando si parla di piccoli elettrodomestici come stampanti, monitor, microonde, tostapane ecc. È quanto emerge dalla ricerca “Raee, economia circolare e cambiamento climatico. Una ricognizione dei livelli di conoscenza dei cittadini, delle loro opinioni e comportamenti” realizzata a settembre 2021 da Ipsos per conto di Erion su un campione di 1000 cittadini italiani (dai 18 ai 75 anni) attraverso la metodologia Cawi, Computer assisted web interview.

Il 40% degli intervistati dichiara di averne almeno 1-2 in casa da smaltire e il 18% tra i 3 e i 5. Nonostante ciò, l’81% sa come smaltirli correttamente in ricicleria o isola ecologica, il 77% conosce il luogo dove si trova l’isola ecologica più vicina e un 72% utilizza regolarmente il centro di raccolta della propria zona. Solo un 4% dichiara di buttarli nell’indifferenziata e l’1% insieme alla plastica. Bassa, invece, la percezione della presenza di sostanze inquinanti in questa tipologia di rifiuti: un quinto degli italiani non sa dei rischi associati allo smaltimento errato e circa metà ne ha una conoscenza solo superficiale.

Ancora poco diffusi il “Ritiro 1 contro 1” e il “Ritiro 1 contro 0” Due terzi degli intervistati sa che acquistando un nuovo elettrodomestico, è possibile richiedere il ritiro gratuito dell’apparecchiatura equivalente di cui ci si vuole disfare, tramite il cosiddetto “Ritiro 1 contro 1”, ma solo il 36% se ne avvale. Meno noto (usato solo dal 18%) invece è il “Ritiro 1 contro 0”, ovvero la possibilità da parte del cittadino di conferire gratuitamente, anche senza l’obbligo di acquisto di un nuovo prodotto, i RAEE più piccoli (fino a 25 cm di dimensione massima) presso i punti vendita più grandi (con superfici dedicate alla vendita di apparecchiature elettriche ed elettroniche superiori a 400 mq). Il 55% infatti non ne ha mai sentito parlare. Tra le difficoltà riscontrate nel conferimento dei propri rifiuti, si segnalano i costi di trasporto, la distanza dell’abitazione, il rifiuto del ritiro da parte del negoziante e la richiesta di pagamento del servizio. Un dato preoccupante quest’ultimo visto che – per normativa – il conferimento è sempre gratuito.

Gli intervistati dichiarano di voler vivere in un mondo più sostenibile, ma il 66% rivela di non sapere come farlo: di fatto però moltissimi italiani effettuano una corretta raccolta differenziata, separando plastica (91%), carta (90%), vetro (89%), lattine di alluminio (87%), organico (87%), pile (70%), farmaci (66%) e anche gli stessi Raee (58%). Non solo: dalla ricerca risulta che gli italiani sono piuttosto inclini ad assumere comportamenti virtuosi come riparare un oggetto invece di comprarne uno nuovo (53%), evitare di acquistare prodotti usa e getta (45%), scegliere prodotti con poco packaging (44%) e acquistare prodotti a km zero (40%). Meno inclini a usare servizi di sharing in ambito mobilità (solo il 13%), dato probabilmente influenzato dal periodo pandemico, e a noleggiare beni durevoli invece di acquistarli (solo il 12%).

Analizzando i risultati emerge una popolazione pronta alla transizione ecologica, anche se il 60% non conosce perfettamente il significato di economia circolare: il 50% lo ritiene addirittura un concetto complicato e difficile da comprendere per le persone comuni, oltre che un processo costoso che mette a rischio molti posti di lavoro. Stessa situazione per la neutralità climatica, conosciuta solo nel 20% dei casi.

Nonostante gli impegni che saranno presentati in occasione del prossimo vertice sul clima delle Nazioni Unite Cop26 di Glasgow, il 56% afferma che le autorità italiane e internazionali non stanno facendo abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici, vissuti come un’emergenza da affrontare subito per il 76% degli intervistati. Solo il 24% dichiara che questo fenomeno non esista e che ci siano altre priorità da affrontare prima.

A fronte di un elevato livello di preoccupazione (per il 92% degli intervistati), gli stessi confermano che sono le attività umane la principale causa dei cambiamenti climatici (86%). Affiora fortemente anche la consapevolezza che le nostre abitudini di consumo non siano più sostenibili (per l’86%) e che il riscaldamento globale avrà un grosso impatto sulla vita delle persone (82%).