Federdistribuzione, o, per meglio dire il suo presidente, Claudio Gradara, scrive al Governo. La richiesta fondamentale è il riconoscimento dello stato di crisi per il settore. Perché, se da un lato, le vendite del settore alimentare continuano a crescere, ma con una serie interminabile di nuovi costi e complicazioni, tutto il mondo degli esercizi commerciali, chiusi in forza del Dpcm dell’11 marzo, la cui validità è stata in seguito prorogata fino al 3 aprile, sono entrati in una sofferenza completa, comunque già anticipata dal fatto che gli italiani, preoccupati dal contagio, avevano cominciato a disertare i rivenditori di prodotti non strettamente indispensabili.

Su vari quotidiani e in un’intervista a La Stampa lo stesso Gradara ha parlato di una gravissima crisi di liquidità che investe soprattutto il mondo del non food, senza risparmiare colossi come Inditex, H&M, Ovs, Rinascente, le catene del brico, e tanti altri, un comparto che ha vendite pari a 45 miliardi, 200.000 addetti e 30.000 negozi.

In una pagina a pagamento, comparsa ieri, 25 marzo, sul Corriere della Sera, e riportata da Business People, la Federazione, considerato che il Decreto ‘Cura Italia’ non basta chiede, fra l’altro la sospensione immediata di ogni versamento fiscale e contributivo in scadenza a partire da marzo e, almeno, fino a settembre; l’attivazione di misure straordinarie e di forme di credito straordinarie che sostengano la liquidità delle imprese; una moratoria di sei mesi (marzo-settembre 2020) per tutte le obbligazioni di pagamento gravanti sugli imprenditori appartenenti alle categorie merceologiche più penalizzate, con adeguate coperture di garanzia statali.

Sempre al quotidiano piemontese, il presidente di Federdistribuzione ha fatto presente l’urgenza del gravissimo problema: "Abbiamo sollevato la questione con il Governo, perché il nostro non è stato previsto tra i settori in crisi. Insisteremo per questo anche in sede di conversione del decreto Cura Italia, nella speranza che ci sia la possibilità di accedere almeno alle misure previste in questo provvedimento".

Nel frattempo, Metro Italia, al fianco di Adm (Associazione distribuzione moderna) ha chiesto la possibilità di aprire temporaneamente e in via eccezionale i propri 49 punti vendita, normalmente dedicati ai possessori di partita Iva e, nello specifico, agli operatori dell’Horeca, anche al consumatore finale che oggi deve affrontare notevoli disagi derivanti dalla situazione emergenziale.

“Il mondo dei consumi fuori casa, com’è noto, è sicuramente uno dei principali settori che, dall’inizio dell’emergenza, ha subito immediatamente conseguenze molto dure, seppur necessarie – ha dichiarato Tanya Kopps, amministratore delegato di Metro Italia - L’assortimento dei nostri punti vendita può soddisfare anche i bisogni dei consumatori che oggi sono costretti a lunghe code fuori dalle insegne della Gdo. Anche per questa ragione, con Adm, stiamo cercando di ottenere la possibilità di aprire temporaneamente i nostri punti vendita ai consumatori finali. Oltre all’ampiezza e la profondità del nostro assortimento alimentare, i nostri spazi, molto ampi, favoriscono la possibilità di mantenere le corrette distanze di sicurezza e i nostri colleghi dei punti vendita sono preparati a gestire eventuali nuovi flussi. Inoltre, nelle nostre strutture commerciali, sono in vendita formati di prodotto professionali che consentirebbero di acquistare in un’unica soluzione più prodotto e ridurre quindi il numero di spostamenti dei cittadini per fare la spesa. Tanti consumatori ci hanno già chiesto a gran voce la possibilità di approvvigionarsi presso la nostra rete e, in questo momento di emergenza, vogliamo e possiamo fare la nostra parte”.

E tutto questo per non parlare dei centri e delle vie commerciali, dove i locatari, ormai chiusi o disertati da tempo, non sono più in grado di pagare gli affitti, una tragedia fotografata, tra gli altri, da Federazione Moda Italia.