Il fatto: l’Unione europea ha ritenuto ammissibile, da parte della Croazia, la domanda di tutela del vino Prošek che, per conseguenza, sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue. La somiglianza, anzi la quasi identità, con la nostra denominazione Prosecco, già tutelata in Italia e a livello comunitario, ha suscitato un ginepraio. Le vibrate proteste non si contano: Mipaaf, Origin Italia, Coldiretti, Regione Veneto, oltre a tutta la filiera produttiva del celeberrimo frizzante nazionale.

Citiamo solo le parole del Ministero delle Politiche agricole, che annuncia battaglia: “La decisione della Commissione Europea sul riconoscimento dell'indicazione geografica protetta del vino croato Prošek è sbagliata. Il nostro dicastero si è già opposto a questo riconoscimento e utilizzerà ogni argomentazione utile per respingere la domanda di registrazione promossa dalla Croazia, anche appellandosi ai principi di tutela espressi dalla Corte di Giustizia in casi analoghi".

La questione è sulla quasi identità del nome, visto che il Prošek dalmatico è, in realtà, un prodotto storico e tutt’altro che ordinario: un vino da dessert, fra i 15 e i 17 gradi, ottenuto a partire da uve passite, ricordato, addirittura, in alcuni scritti che risalgono all’Impero romano e con un prezzo medio per bottiglia di circa 25 euro.

Ma lo strappo rimane, come sostiene, fra gli altri, il presidente di Copagri, Confederazione produttori agricoli, Franco Verrascina: “E’ un riconoscimento che rischia di arrecare un notevole danno economico a uno dei prodotti di punta del Made in Italy agroalimentare, che ha saputo reggere egregiamente l’urto della pandemia e che contribuisce in maniera significativa alla crescita delle esportazioni nazionali, con una produzione di ben 600 milioni di bottiglie ogni anno. Vale la pena di ricordare, a tale proposito, che l’ok annunciato dall’Esecutivo comunitario non è sulla denominazione Prošek, ma solo sull’accoglimento della domanda; ciò significa che bisognerà attendere la pubblicazione della richiesta nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, che al momento non ci risulta essere avvenuta, e che solo allora il nostro Paese avrà sessanta giorni di tempo per fare ricorso, esponendo e motivando le proprie obiezioni”.

Osserva Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia: "E' necessaria una politica più attenta ai problemi reali delle filiere, un simbolo del Made in Italy che vale oltre il 25% dell’export agroalimentare italiano. Origin Italia chiede all’Europa una politica che tuteli e che promuova le Indicazioni Geografiche, mentre si assiste a una diminuzione progressiva delle risorse sulla promozione».