Italia prima classificata con 466 tonnellate, Germania seconda, con 392 e Gran Bretagna terza con 206: la poco invidiabile classifica è riferita ai rifiuti tessili annui. A stilarla è LabFresh, marchio olandese di pronto moda sostenibile: è garantito a vita contro macchie, danni e altri incidenti.

Se la graduatoria viene letta come spreco pro capite la situazione cambia e in cima si piazzano i belgi, con 14,8 chilogrammi di vestiti a testa, che finiscono nella spazzatura ogni 12 mesi. Seguono la Repubblica ceca, 10,2 kg, il Portogallo (8 chili) e poi, di nuovo l’Italia, con 7,7 kg.

Quello che si osserva in tutte le 15 nazioni europee considerate dalla ricerca sono le basse quantità di riciclo, intorno al 10%: 800 grammi annui nella nostra Penisola, 500 in Germania, 300 in Francia.

Si stacca il Belgio dove i cittadini, pur essendo spreconi (14,8 kg a testa di rifiuti, come detto), avviano a recupero 1 chilo e mezzo di materia tessile all’anno. Dal punto di vista matematico siamo però sempre nei dintorni del 10 per cento.

Di chi la colpa? Labfresh non ha dubbi: “Negli ultimi decenni la moda e gli altri prodotti tessili sono stati sempre più ridotti a usa e getta. Con i prezzi bassi e le collezioni in continua evoluzione, i marchi del fashion e l'industria dell'abbigliamento stanno tentando gli acquirenti a consumare eccessivamente articoli realizzati in serie e con materiali di bassa qualità. L'entità di questo consumo diventa spesso evidente solo quando interi armadi vengono ripuliti. Mentre alcuni abiti, 10% circa, vengono conservati per diventare vintage e prodotti di seconda mano, la maggior parte dei vestiti è smaltita, nonostante le perfette condizioni”.

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