Le vendite del largo consumo nella distribuzione moderna (discount compresi) hanno raggiunto una crescita significativa nel gennaio-ottobre di quest'anno con uno sviluppo del giro d'affari del 2,7%, grazie a un aumento del volume degli acquisti dell’1,9 per cento.

Ma la variazione positiva, spiega Iri in una nota, è interamente trainata dai nuovi punti di vendita aperti nel corso dell'anno. “Se focalizziamo l'attenzione sul 'core' della distribuzione moderna, ovvero sull'insieme di ipermercati, supermercati e superette, scopriamo infatti che i distributori hanno rinnovato (ovvero aperto, chiuso o ristrutturato) circa il 5% degli oltre 15.600 negozi operanti sul territorio nazionale”.

"Questi nuovi punti di vendita hanno da soli attratto un giro d'affari annuo superiore di circa 560 milioni di euro rispetto ai vecchi esercizi chiusi definitivamente, o per ristrutturazione, fornendo un contributo alla crescita del canale vicino ai 2 punti. I nuovi negozi sviluppano, infatti, una produttività (misurata come fatturato complessivo per metro quadrato di superficie di vendita) maggiore del 29%, rispetto ai vecchi".

I consumatori, insomma, rispondono molto positivamente alle modalità di offerta più avanzate, dimostrando, ancora una volta, che l'innovazione è una leva fondamentale per reagire alle difficoltà del mercato.

Ma quali sono le principali caratteristiche dei nuovi punti di vendita rispetto a quelli chiusi? Gli ipermercati di recente apertura, oltre i 5.500 mq, hanno dimensioni medie più piccole di quelli disattivati nella medesima fascia. Inoltre, nella media del mercato, sono stati attivati solo 3 nuovi punti di vendita a fronte della cessazione di 5.

Al contrario i supermercati e le superette di ultima generazione sono più grandi di quelli precedenti. In altre parole si assiste alla tendenza a ridurre le situazioni estreme: non troppo grande e non troppo piccolo.

“In sostanza - conclude Iri - l'obsolescenza di alcuni formati distributivi diventa più che mai un fattore critico, perché pesantemente punito dalle famiglie italiane. Il proliferare dell'offerta a scaffale richiede spazi adeguati e questo vale soprattutto per i negozi di vicinato, che non possono più permettersi di sacrificare l’ampiezza di offerta senza pagare pesanti ripercussioni sui propri affari”.