A meno di una settimana da Vinitaly di Verona, che aprirà i battenti domenica prossima, 10 aprile si scopre che il nostro vino non è solo buono da bere e un ottimo affare sui mercati esteri,ma può diventare una fruttuosa fonte di investimento. Secondo una recentissima analisi di Crif, infatti, è il soggetto ideale per l’emissione di minibod, garantiti dai prodotti in fase di invecchiamento, un po’ come è già successo per il Parmigiano Reggiano.

“A oggi restano tuttavia numericamente poche le Pmi del settore food & beverage che hanno intrapreso la strada dei minibond – spiega Paolo Bono, associate presso Crif Ratings -. Tutto ciò al cospetto dell’enorme potenziale di emissione per un settore, dove molte produzioni merceologiche sono oggetto di maturazione, invecchiamento e stagionatura, attività che sottintendono una rilevante immobilizzazione di capitale circolante e dove è forte l’esigenza di debito a medio lungo termine” .

“Candidato ideale – prosegue Bono – è proprio il settore Wine che, per diverse ragioni, appare un molto interessante per lo sviluppo di finanziamenti alternativi al prestito bancario. In questo comparto, il tessuto imprenditoriale è costituito quasi esclusivamente da piccole e medie imprese; allo stesso tempo il posizionamento di prezzo e il livello dei margini unitari risultano positivamente correlati con l’offerta di vini invecchiati che alimentano il valore delle rimanenze e necessitano di una pianificazione finanziaria di medio e lungo periodo”.

Osservando le prime 15 imprese italiane per marginalità unitaria, si score che per circa l’80% di esse il peso del magazzino rispetto al fatturato è superiore al 50%, una circostanza che si spiega con la focalizzazione produttiva su vini affinati che, prima di essere veicolati sul mercato, alimentano il valore degli stock per più esercizi.

La riqualificazione del portafoglio prodotti verso vini invecchiati ha un notevole impatto sull’equilibrio finanziario delle imprese e soprattutto sul ciclo di generazione di cassa. L’esborso per i necessari investimenti insieme all’assorbimento di capitale circolante (aumento delle rimanenze e allungamento dei tempi di incasso rispetto al momento in cui si sostengono i costi di produzione) sono, per molti operato forti deterrenti a intraprendere una strategia di diversificazione verso il prodotto pregiato.

Un piano industriale che voglia perseguire questa strategia di crescita non può prescindere da una struttura di finanziamento a medio e lungo termine, sempre meno disponibile nell’offerta del sistema bancario. Da qui la valida alternativa del mercato obbligazionario. Tanto più se il valore del magazzino, che per le 15 imprese considerate dall’analisi Crif (tutte società di capitali sopra i 20 milioni di fatturato) supera i 400 milioni di euro nei bilanci 2014, e può essere utilizzato a “garanzia” del debito e quindi a riduzione del suo costo.