È stato un anno difficile, molto complicato e senza precedenti per le aziende di Unione Italiana Food, l’associazione che rappresenta oltre 450 imprese appartenenti a 20 settori produttivi diversi – dolciario, pasta, surgelati, nutrizione per il benessere, confetture, succhi e nettari, bevande calde, caffè, spezie e aromi e tanti altri – per un fatturato di circa 40 miliardi di euro.

Come ogni anno Uif ha fatto il punto nel corso della sua terza assemblea annuale. Ad aprire i lavori il presidente, Marco Lavazza: “La situazione di grave crisi pandemica, esplosa nel 2020, ha avuto un impatto enorme su tutti i comparti economici, compresi quelli di nostra pertinenza. Ciò nonostante, le iniziative virtuose che l'associazione porta avanti non si sono fermate in seno ai tavoli di lavoro e con il prezioso aiuto delle aziende associate. Il nostro ruolo da sempre è di creare prodotti alimentari di qualità, sicuri, buoni, sani, rappresentando un'eccellenza del made in Italy nel mondo”.

Anche nel momento più critico della pandemia, ha proseguito Lavazza, “siamo riusciti a garantire le forniture di cibo, senza soluzione di continuità. Ognuno ha fatto del suo meglio, ma un ringraziamento speciale va a tutti i lavoratori, che in un periodo di difficoltà così unico, non si sono sottratti a quanto richiesto”.

Per quanto riguarda il quadro economico generale, la produzione industriale italiana ha archiviato il 2020 con un calo dell’11,4%, il peggiore dell’ultimo ventennio, con l’eccezione del traumatico -18,6% del 2009.

In questo contesto, il dato 2020 della produzione alimentare è scivolato sul -2,5%, reggendo, per quanto possibile, l’anomala situazione.

Tuttavia, molti segmenti non solo hanno retto, ma hanno dimostrato performance eccezionali, complici, in certi periodi, le dinamiche di scorta, e alcuni cambiamenti negli stili di vita, come la forzata riscoperta della cucina domestica.

Per esempio, è rimasto immutato, anzi è aumentato, l’amore degli italiani per la pasta, che ha fatto segnare un +11% a volume. Bene anche per i surgelati, che nonostante le chiusure delle mense e degli esercizi pubblici, hanno registrato un +12% a volume e per i sughi pronti, con un eccezionale +18 per cento.

Idem per la prima colazione, un pasto prima un po’ trascurato dai nostri connazionali e rilanciato dalle lunghe permanenze in casa: la biscotteria, tanto per citare uno dei protagonisti, ha evidenziato un +16%, dato su cui hanno inciso anche le innovazioni di prodotto.

Positive le performance del cioccolato in tavoletta: protagonista di molte ricette fatte in casa e occasione di autogratificazione, ha chiuso l’anno con una crescita di 7 punti.

A livello di segmenti si osservano dati di particolare interesse sui biscotti pregiati, come le frolle (+25,1 in valore), sui biscotti di pasticceria unitipo, sui biscotti all’uovo (+14,9%), tutti esponenti dell’autogratificazione alimentare e, in larga parte, veri leader dell’innovazione.

Tempi durissimi, al contrario, per i prodotti da ricorrenza: quelli natalizi hanno lasciato sul terreno il 15,7% delle vendite e quelli pasquali il 37,1 per cento.

“Se è evidente, da un lato, il desiderio dei consumatori di “fare dispensa” – commenta Unione italiana food - al contrario le chiusure previste per il lockdown e le altre misure in vigore durante l’emergenza sanitaria, compreso il divieto di invitare a casa parenti e amici, hanno condizionato molti altri settori dell’alimentare, che adesso, per fortuna, stanno tornando a riprendersi con moltissima fatica, anche a causa dell’aumento dei costi, subìti durante il lockdown e mai rientrati, di materie prime, imballaggi, logistica, forniture e tutti gli altri fattori necessari alla produzione dei beni alimentari”. Quello che è sicuro e che le festività sono state praticamente spazzate via: dalle limitazioni sociali, dai divieti di spostamento, dal clima diffuso di preoccupazione a malumore.

Tornando al 2020 si rilevano ulteriori esempi di best performer o di merceologie che hanno mantenuto e aumentato i propri trend. Parliamo, tanto per citare alla rinfusa, di brodi, minestre estratti (+2,2%), delle spezie e aromi, compagni del ritorno ai fornelli (+16,6%), di tè e infusi (+10,3), ma anche di chips e snack (+10,6), miele (+7,8%) e integratori (+3,2), specie le vitamine e i prodotti con funzioni immunitarie.

Cucina domestica, scorta, autogratificazione, benessere sono stati, e non è certo un mistero, concetti guida dei consumi nell’anno più difficile dopo la fine della Seconda guerra mondiale.