Il canale della grande distribuzione organizzata sta introducendo in misura sempre maggiore prodotti equo e solidali, certificati e convenienti, che vanno ad affiancare e arricchire l’offerta degli articoli di marca. La gamma degli articoli fair trade si allarga di continuo e spazia ormai dagli alimentari – caffè, tè, banane, cioccolato e spezie - agli articoli per la casa.

Commercio Alternativo, la cooperativa no profit attiva dal 1992, ad esempio, acquista i prodotti da 120 organizzazioni di produttori di America Latina, Asia e Africa e nel catalogo annovera circa 6mila referenze di artigianato e 300 articoli alimentari. I prodotti di Commercio Alternativo fino al 2000 erano di circa il 30-40% più cari rispetto a quelli delle grandi marche. Successivamente l’aumento dei volumi ha permesso di ridurre i costi di distribuzione. Nel 1994, ad esempio, una confezione di caffè di Commercio Alternativo da 250 g costava 5.400 lire, oggi va da 2,60 a 2,90 euro.

Recentemente Altroconsumo, l’associazione dei consumatori, ha realizzato uno studio riguardante il rispetto dell’ambiente e la trasparenza della catena di produzione di caffè, scarpe sportive e jeans. Secondo la pagella stilata, i prodotti fair trade ricevono voti migliori delle grandi marche.

La prima delle due inchieste – sostenuta dall’Unione europea e condotta insieme alle associazioni di consumatori di altri sette Paesi – si è concentrata sul caffè, una voce chiave nell’economia di numerosi stati in via di sviluppo e caratterizzato da una situazione asimmetrica: a fronte di una miriade di coltivatori – sotto i 10 ettari – cinque grandi gruppi gestiscono il 40% delle importazioni e dieci aziende controllano il 65% del mercato mondiale.

In Italia, alla ricerca di Altroconsumo hanno partecipato Coop, che ha in assortimento caffè con il proprio marchio, tre aziende – Illy, Lavazza, Kraft con il marchio Splendid – e Ctm altromercato, uno dei principali operatori del commercio equo e solidale.

Altroconsumo assegna il giudizio migliore in tema di aspetti sociali ed etici al consorzio Ctm altromercato (73 punti su 100), che applica standard sociali elevati a tutta la sua produzione di caffè, seguito da Coop (51), che ha esteso a tutti i suoi fornitori lo standard sociale SA 8000, Illy (47), Kraft (40) e Lavazza (33).

La seconda inchiesta di Altroconsumo ha analizzato le scarpe sportive e i jeans, concentrandosi sulla formazione del prezzo di mercato e prendendo a riferimento i dati pubblicati da Clean Clothes Campaign, per i prodotti di marca, Veja, per le scarpe etiche, e Ctm altromercato per l’abbigliamento.

Dallo studio è emerso che i prodotti fair trade non sono necessariamente più cari per i consumatori e che è impossibile pagare di più i produttori. La differenza, evidenzia Altroconsumo, risiede nelle voci di costo. Nelle scarpe sportive, la commercializzazione – intesa come pubblicità, distribuzione e margini commerciali – pesa per l’81,5% del prezzo finale nel circuito del commercio tradizionale, mentre solo il 12,5% va in materie prime e salari. Il circuito fair trade, invece, destina a queste due voci il 21% del prezzo e riduce il costo delle fase intermedia tra produttore e consumatore. Per quanto riguarda i jeans, infine, la differenza è ancora più marcata, con le materie prime e i salari che incidono per il 14% sul prezzo finale per le grandi marche e per il 42% su alcuni prodotti equo e solidali.