Apre martedì 8 novembre Ecomondo di Rimini, l’esposizione delle tecnologie verdi che celebra quest’anno il ventennale. Al centro dell’attenzione, nei primi due giorni, gli ‘Stati generali della green economy’, promossi dal Consiglio nazionale delle 64 organizzazioni di settore, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e con il Mise.

In tale sede vengono illustrati, in apertura di lavori, i riscontri del rapporto condotto da Fondazione per lo sviluppo sostenibile, organismo che da 8 anni lavora sulle soluzioni che possono rendere meno impattante la nostra economia, per favorirne una solida ripresa.

Il documento, validato a livello continentale, analizza 8 tematiche strategiche - emissioni di gas serra, rinnovabili, efficienza energetica, riciclo dei rifiuti, eco-innovazione, agroalimentare di qualità ecologica, capitale naturale e mobilità sostenibile - alla luce di 16 indicatori chiave. L’Italia è messa a confronto con Germania, Regno Unito, Francia e Spagna. Si scopre che la nostra green economy si colloca a un sorprendente 1° posto.

Il made in Italy verde conquista ben 4 medaglie d’oro: nella quota di rinnovabili, nel riciclo dei rifiuti speciali, nelle emissioni pro capite del settore trasporti e nei prodotti agroalimentari di qualità certificata. A questi primati si sommano 3 secondi posti: nell’efficienza energetica, nella produttività delle risorse e nell’agricoltura biologica.

Nonostante alcuni elementi deboli - l’aumento delle emissioni di gas serra, la bassa crescita delle rinnovabili negli ultimi 3 anni e l’elevato consumo di suolo - la green economy nostrana spunta la migliore performance fra le 5 grandi, evidenziando così le sue forti possibilità di sviluppo.

La seconda parte della relazione di apertura pone l’accento su un altro tema chiave: la percezione della green economy italiana a livello internazionale, analizzata con valutazione comparata di 80 Paesi dal centro di ricerca ‘Dual Citizen’ di Washington.

Nella graduatoria la nostra Penisola crolla al 29° posto: è l’unico dei maggiori Paesi europei a dare un’immagine di gran lunga peggiore in confronto alle reali performance, al contrario delle Germania, che ha invece un profilo green superiore ai risultati conseguiti.

Dice Edo Ronchi, presidente della Fondazione: “In Italia nulla ha potenzialità di sviluppo comparabili con quelle dell’economia verde. Perché abbiamo invece una così scarsa reputazione? Perché noi stessi comunichiamo poco e male, con scarsa convinzione, le tante cose buone che si fanno nella nostra Terra e divulghiamo invece, con grande enfasi, quelle negative”.

E che la green economy sia uno dei maggiori driver di crescita lo testimoniano anche i numeri di ‘GreenItaly 2016’, il settimo rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente.

L’analisi misura e pesa la forza dell’economia verde nazionale: più di un’impresa su 4, dall’inizio della crisi, ha scommesso sullo sviluppo in chiave sostenibile. Sono oltre 385.000 le aziende italiane, ossia il 26,5% del totale dell’industria e dei servizi che, dal 2010, hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2.

Una quota che sale al 33% nel manifatturiero, dove l’orientamento green si conferma strategico, portando a maggiore competitività, crescita delle esportazioni, dei fatturati e dell’occupazione. Sempre nel manifatturiero ben il 46% delle società che hanno implementato tecnologie verdi esporta, contro il 27,7% delle non investitrici e il 35,1% delle imprese green ha aumentato il giro d’affari, contro il 21,8% delle altre.

Alla nostra green economy si devono inoltre 2 milioni e 964.000 green jobs, ossia lavori che applicano competenze ‘verdi’. Una cifra destinata a salire ancora entro dicembre.

In questo scenario evolutivo il sistema del largo consumo svolge la propria parte. I beni e i relativi packaging sono sempre più concepiti in un’ottica di basso impatto ecologico lungo tutta la filiera, dalla produzione al consumo; il cliente finale esige di acquistare cibi, bevande ed elettrodomestici che siano amici della salute e dell’ambiente; i nuovi punti di vendita sono progettati o ristrutturati secondo criteri di taglio dei consumi energetici e delle emissioni, nonché studiati per gestire al meglio i rifiuti.

Una testimonianza di questo trend viene dal successo di ‘Green Retail Forum & Expo”, manifestazione milanese dedicata appunto alle soluzioni ‘in verde’ per industria e commercio. La sesta edizione, svoltasi il 22 settembre a Milano, ha messo l’accento sulla trasparenza nel rapporto con il consumatore, ma anche sul bilanciamento nutrizionale, sul benessere alimentare, sull’origine delle materie prime, e sull’impronta ambientale dei prodotti e della relativa filiera di distribuzione.

Particolare menzione merita ‘Carrello verde’: sottoscritto da Regione Emilia Romagna, Atesir (agenzia territoriale per i servizi idrici e rifiuti) e Legacoop Emilia-Romagna, l’accordo è stato presentato lo scorso anno proprio durante Ecomondo. Si tratta di un sistema di qualificazione ambientale dei punti vendita aderenti i quali - a fronte di apposite verifiche sulla capacità di gestione dei rifiuti e di riduzione dei consumi energetici - ricevono un apposito logo, costituito, appunto, da un carrello verde stilizzato. Oltre a Coop Adriatica, Estense e Nord Est, che sono state anche tra le firmatarie, il progetto ha registrato l’ingresso di Nordiconad.