I top retailer italiani sono consapevoli che, per affrontare le nuove sfide, è necessario un disegno complessivo di trasformazione. Tuttavia il 65% di loro è frenato dall’assenza di una chiara strategia di innovazione nei confronti di temi come la digitalizzazione del consumatore, la complessità crescente dei processi e la competizione delle dot.com, anche se 3 su 4 si dichiarano al lavoro per definirla.

La mancanza di un chiaro orientamento programmatico su questo versante si traduce in un livello di impegno finanziario ancora inadeguato: anche se registra una crescita interessante - passando dal 15% del totale degli investimenti annuali nel 2015 al 17% nel 2016 - la spesa è ancora inferiore a un punto percentuale del giro d’affari.

Queste alcune delle evidenze emerse dalla quinta edizione dell’Osservatorio innovazione digitale nel retail, presentato il 22 novembre e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, con il patrocinio di Confesercenti e Federdistribuzione e con il supporto di numerosi enti e aziende, fra i quali citiamo soltanto GS1 Italy, Paypal, Poste Italiane, Intesa San Paolo, Banca Sella.

“In un contesto di domanda complessivamente stagnante, il futuro del nostro commercio è legato alla capacità di individuare target e strategie, muovendosi sul piano dell’efficienza e su quello della bontà del servizio. Sono sostanzialmente gli stessi problemi che stanno affrontando i retailer tradizionali di tutte le economie avanzate, con la differenza – rispetto non solo agli Stati Uniti, ma anche a molti Paesi europei – che la nostra distribuzione è estremamente frazionata e che le nostre aziende, anche quelle maggiori, sono piccole - afferma Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori digital innovation del Polimi -. Sia l’efficienza, sia il livello del servizio, possono trarre grandi benefici dalla trasformazione digitale, che ha speranze di successo solo se non è vissuta come un’operazione meramente tecnica, da delegare agli specialisti dell’IT, e che spesso richiede la presenza di un ecosistema di imprese – solitamente startup per la novità dei compiti – in grado di svolgere quelle funzioni che il distributore non può sviluppare in casa, perché non ne ha le competenze e/o la convenienza.”

L'Osservatorio si è concentrato sui primi 300 distributori per fatturato, presenti in Italia con negozi fisici, analizzandone la maturità digitale attraverso lo studio del livello attuale di adozione e dell’intenzione di adozione futura delle tre principali categorie di innovazioni: nel back-end (processi di interazione retailer-fornitori, o processi interni), nella customer experience nel punto vendita e a supporto dell’omnicanalità.

I miglioramenti nel back-end sono i più diffusi e consolidati: il 93% ne ha adottato infatti almeno uno. Gli investimenti 2016 sono stati maggiormente focalizzati su soluzioni di Crm (25%), sul progresso della fatturazione elettronica e dematerializzazione (19%), su Erp (18%), business intelligence analytics (18%) e applicazioni per elevare le performance di magazzino, come il voice picking (16%).

Per il 2017 oltre il 40% dichiara un potenziale interesse verso le metodologie di monitoraggio dei clienti in negozio (con telecamere e sensori), verso il tracciamento dei prodotti lungo la supply chain (Rfid) e le soluzioni di intelligent transportation system.

L'80% del campione ha sviluppato almeno un’innovazione digitale nel front-end a supporto dell’esperienza di acquisto nel punto vendita. Le tematiche su cui si sono concentrati gli stanziamenti sono l’implementazione di pagamenti innovativi (22%), i sistemi per l'accettazione di couponing e loyalty (19%), seguiti da chioschi, totem e touchpoint (15%), i sistemi di cassa evoluti e mobile Pos (15%) e, infine, il digital signage e le vetrine intelligenti (13%).

Per quanto riguarda l’omnicanalità la quasi totalità dei retailer utilizza il digitale per consolidare le fasi di pre o post vendita, o per abilitare la vendita. Più precisamente l'88% (era l'80% nel 2015 e il 65% nel 2014) è presente sia online, sia su mobile, mentre il 10% è attivo solo online e l'1% solo su mobile.

In rete il 35% del campione ha creato un sito istituzionale che cura le fasi precedenti e successive agli acquisti, mentre il 65% (61% nel 2015) ha lanciato l’e-commerce. Sul mobile, il 34% ha un'iniziativa (app o sito), per offrire, ancora una volta, funzionalità di pre e post-vendita, mentre il 55% (42% nel 2015) ha cominciato a muoversi nel commercio elettronico.

“Per quanto concerne il negozio l'attenzione per il futuro è focalizzata su innovazioni volte a rendere il processo di acquisto più personale, ossia più rispondente alle esigenze del singolo, e più esperienziale, ovvero diretto a stupire - afferma Valentina Pontiggia, direttore dell'Osservatorio innovazione digitale nel retail -. Oltre il 55% dichiara infatti di voler investire nel 2017 in sistemi di indoor positioning, digital signage e vetrine intelligenti, specchi e camerini smart, tecnologie basate sulla realtà aumentata e stampanti 3D. Il successo dell’e-commerce e l'incremento della competizione da parte delle dot.com costringono poi a una riflessione più profonda sul ruolo futuro del punto vendita in un’ottica omnicanale”.

Tra le sfide da affrontare nei prossimi anni attraverso il digitale gli intervistati segnalano, infatti, la capacità di ingaggiare e fidelizzare maggiormente i consumatori (54%), il miglioramento dell’esperienza di acquisto (40%), l’integrazione tra fisico e virtuale (36%) e l’estensione del mercato potenziale attraverso i canali telematici (25 per cento).

Per governare i cambiamenti servono nuove professionalità: in testa alla classifica delle figure più ricercate spicca, con il 60% delle risposte, l’e-commerce manager, per i compiti di gestione complessiva e supervisione, seguito, con il 55%, dal Crm specialist, per quanto riguarda la fidelizzazione.