Si sa: niente è più come prima e la pandemia ha confuso le carte in tavola. Ma il luogo comune è vero specialmente nel mondo del non alimentare, dove se pochi salgono, moltissimi scendono. A raccontarlo, con tutte le cifre alla mano, è l’Osservatorio Non Food 2021 di GS1 Italy. "Il 2020 è stato caratterizzato dal protrarsi dell’emergenza legata al Coronavirus, che, attraverso chiusure forzate e timori sanitari, ha modificato molte abitudini di consumo soprattutto nel non food - testimonia Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy -. C'è stato un forte rallentamento in quasi tutti i comparti, ma alcune famiglie di prodotti hanno visto un’accelerazione delle vendite, altri una vera rinascita. Alla luce di questo e dell'emergere del digitale molto andrà ripensato, perché la realtà mutata, con cui il consumatore ha dovuto fare i conti, ha lasciato una traccia profonda, spesso arricchita anche da una nota di soddisfazione, esperienziale e personale, nel confrontarsi con le nuove tecnologie".

Nel 2020 i 13 comparti monitorati dalla ricerca - ricerca che è un appuntamento fisso quanto atteso -, al netto dei servizi e di alcuni settori minori compresi dall’Istat, hanno ottenuto 93,5 miliardi di euro di vendite, in calo di 9,5 punti sul 2019. Questo risultato ha interrotto bruscamente l’andamento positivo, seppure lento, degli anni precedenti e il trend crescente di medio periodo, che, fino al 2019, aveva rispecchiato un clima di fiducia sì titubante, ma comunque positivo, grazie al processo di sostituzione di alcuni beni, caratterizzati da tecnologie e design innovativi.

Nel 2020 questo fenomeno di upgrading si è fermato e la rinuncia ha accomunato ben 11 delle 13 famiglie merceologiche rilevate nell’Osservatorio. Gli unici due panieri ad avere chiuso il bilancio con una crescita sono stati l’edutainment (che raccoglie tutti i prodotti destinati alla formazione e all’intrattenimento, come film, libri, videogiochi e supporti musicali), che ha compiuto un balzo del 9,4% sul 2019, e l’elettronica di consumo con un +6,3% rispetto all’anno precedente. Il tutto grazie, inutile dirlo, al lavoro flessibile sommato alle lunghe permanenze in casa.

Tra gli 11 comparti in ripiegamento, la forbice della riduzione di sell-out è stata piuttosto ampia, spesso a due cifre, con valori dal -2% dei prodotti di automedicazione al -17,5% degli articoli sportivi.

Il crollo più pesante ha investito abbigliamento e calzature: non solo perché il mercato ha avuto il più forte calo percentuale degli acquisti (-26,5%) di tutto il non food, ma anche perché gli operatori hanno perso il maggiore incasso in termini assoluti: Sistema moda Italia afferma che sono stati lasciati sul terreno 9 miliardi di fatturato.

La leadership storica per giro d’affari del pronto moda e accessori è tramontata, mentre, nel 2020, l’elettronica di consumo, è salita sul podio per valore degli acquisti.

La prova è nelle vendite online: nel 2020 l’e-commerce ha avuto un balzo importante, avvicinando anche molti consumatori tradizionali che non avevano mai usato il canale virtuale. Le transazioni sul web sono risultate in crescita, sia per giro d’affari che per quota di mercato, in 12 dei 13 comparti analizzati dall’Osservatorio (unica eccezione per la fotografia). Il risultato più eclatante è stato proprio quello dell’elettronica di consumo, dove Internet ha evidenziato una rincorsa di fatturato del 55,5%, mentre la market share del digitale è salita di 26 punti.

Opposto il discorso per il canale fisico. A fine 2020 la distribuzione moderna non alimentare contava in Italia 29.000 punti vendita appartenenti a poco meno di 300 gruppi (specializzati e despecializzati) presenti in 20 differenti settori. Gs1 li ha raccolti in sei tipologie di agglomerati commerciali, di cui cinque hanno chiuso l’anno con una rete di vendita in calo: agglomerati centrali urbani, centri commerciali, parchi commerciali, aree urbane periferiche, luoghi di passaggio e di traffico (come stazioni e aeroporti). Unico segmento retail ad avere archiviato l'anno con un aumento del numero dei negozi è stato, a sorpresa, quello dei factory outlet (+0,7%), a testimonianza, consolante, che la moda tiene e interessa anche in tempi non propizi, ma solo quando ha prezzi più accessibili, o comunque ridotti, abbinati a grandi marchi.

L’altro fenomeno commerciale del non food è stata la robusta crescita delle forme di distribuzione alternativa: le vendite a domicilio, o per corrispondenza, il vending, e, come detto, l'e-commerce, sono aumentate a valore del 13,9% medio.

Ma attenzione: la ricerca di comodità, convenienza e vicinato si sono dimostrate vincenti anche nel non alimentare. E i cambiamenti intervenuti negli stili di acquisto e nella scelta dei canali si consolidano in presenza del rigurgito di pandemia dovuto alla variante delta. Se infatti, si legge nel documento, "non appena le limitazioni agli acquisti si sono allentate, il 79% dei consumatori (il 91% degli under 25) è tornato a frequentare i punti vendita non food, soprattutto per necessità e voglia di normalità, è altrettanto vero che una quota che va dal 18% al 28% degli intervistati, a seconda dei settori, dichiara che sarà molto attento verso tutto quello che riguarda i rischi della salute. Sulla base di quanto affermato da almeno la metà dei soggetti sono tre le aree dello shopping a cui faranno molta attenzione in futuro: il livello di affollamento dei negozi (55%), il rispetto delle normative vigenti (47%) e il livello di pulizia e di igiene (46%).

In particolare un 40% resta genericamente timoroso verso i centri commerciali, mentre moltissimi cercheranno luoghi aperti e ariosi dove fare acquisti, o continueranno a puntare sull'online. E, per dirla tutta, quest'anno i cittadini preoccupati di dovere tagliare i propri consumi non alimentari, per via del calo dei redditi, sono ben il 60 per cento. Se il virus, come pare, sta allentando la morsa, le ferite che lascia, in tutti i sensi, sono ancora aperte e dolorose.

Nota metodologica: L’indagine sul campo è stata realizzata da Metrica Ricerche (società di ricerche di mercato del gruppo TradeLab) per GS1 Italy, con metodologia Cawi (Computer assisted web interviewing), su un campione di mille cittadini - compresi nella fascia di età tra 18 e 75 anni - del panel web Netquest.