Il terribile shock della pandemia cambierà gli equilibri internazionali e sposterà, a Oriente, il baricentro del mondo, penalizzando i Paesi Atlantici, a partire dall’Europa e dagli Usa. Tuttavia, l’Ue ha ritrovato un inatteso slancio e una nuova visione collettiva e, finalmente, solidale. Un’irrinunciabile chance anche per l’Italia, che dovrebbe puntare su istruzione, lavoro e digitalizzazione.

In attesa del concretizzarsi del Recovery Fund e confortati dagli ammortizzatori sociali introdotti dal Governo, gli italiani restano, lo stesso, i più pessimisti del Continente, ma la classe media mostra una straordinaria resilienza e, fra risparmi, rinvii e rinunce, si attrezza per reggere all’impatto.

Lo dice l’anteprima digitale del ‘Rapporto Coop 2020 – Economia, Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani’, mai tanto atteso e redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop, con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e il contributo di Gfk, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, R&S Mediobanca, Npd, Crif e Tetra Pak.

A subire maggiormente il contraccolpo saranno, in particolar modo, le classi più fragili, i giovani, le donne, mentre il 17% di italiani che prevede un futuro miglioramento è composto, per lo più, da soggetti maschili, appartenenti alle classi alte.

Tutti, però, ricchi, poveri e nuovi poveri, condividono la sensazione di vivere in una bolla. Confinati nel presente senza la possibilità di poter fare progetti per il futuro, gli italiani si rifugiano dentro il comfort di zone delimitate e protette (la casa, la famiglia, il vicinato) e riducono il raggio della mobilità e delle attività extradomestiche.

La nuova crisi, che mette in pericolo la vita, non ha niente a che vedere con quelle, solo economiche, del recente passato, ed è paragonabile solo agli effetti generati dall’ultimo conflitto bellico, anche in termini economici. Il Covid ha bruciato 12.500 miliardi di dollari di Pil mondiale in un anno, con 170 Paesi che subiranno una contrazione nel 2020 (per l’Italia le ultime previsioni si attestano a un -9,5%), e solo nel 2023 (per i più pessimisti nel 2025) il nostro Paese tornerà ai livelli precedenti la pandemia.

Molti contano sul vaccino come spartiacque per la ripresa, tanto da attribuirgli una sorta di valenza salvifica, anche se il danno è ormai molto grave. Fanno riflettere quegli otto milioni di italiani (negazionisti, antivaccinisti o altro?) che dichiarano di non volersi vaccinare.

Il Covid ha avuto l’effetto di una macchina del tempo sugli stili di vita del Paese, trasportandolo avanti e indietro con estrema rapidità rispetto agli andamenti temporali abituali. Da un lato compare così l’Italia delle rinunce, con la spesa in viaggi trascinata indietro di 45 anni, ai livelli del 1975, o i consumi fuori casa spostati tre decenni nel passato. Dall’altra parte c’è l’Italia che balza in avanti, velocizzando dinamiche già in essere, ma mai così veloci. È questa la nazione forzata e sospinta verso il telelavoro (+770% rispetto a un anno fa), l’e-grocery (+132%), la digitalizzazione e che genera una crescita stimata in circa 3 miliardi fra 2020 e 2021.

Girando la sfera compare, tuttavia, un Paese dove si potrebbe arrivare, nel 2021, a perdere 30.000 nascite, scendendo così sotto la soglia psicologica dei 400.000 neonati in un anno. Non è la sola rinuncia importante: matrimoni, trasferimenti, acquisti di case e aperture di nuove attività figurano tra i progetti rinviati, o cancellati, scelte di vita mancate che hanno coinvolto l’84% di italiani.

Alla spesa alimentare, pur nell’emergenza e in un’evidente contrazione generalizzata degli acquisti, i nostri connazionali non rinunciano e solo il 31% dichiara di voler acquistare prodotti di largo consumo confezionato più economici a fronte di un 37% della media europea, un dato decisamente inferiore al 50% registrato lo scorso anno e al 57% del 2013 (anno in cui eravamo in piena crisi economica con un Pil a -1,8%). E, pure a emergenza sanitaria finita, solo il 18% dice di voler acquistare prodotti più economici.

Guardando dentro al carrello si nota una straordinaria inversione di tendenza rispetto alla fotografia scattata appena un anno fa. Allora il trend era la fuga dai fornelli, un fenomeno che in realtà continuava da tempo, in progressione costante, tanto da dimezzare, in 20 anni, i minuti passati a cucinare ogni giorno, ridotti ad appena 37. Ora invece, complice il lockdown, gli italiani hanno rimesso le mani in pasta e la cucina è una costante che spiega la forte crescita nelle vendite degli ingredienti base (+28,5% in Gdo su base annua), a fronte della contrazione dei piatti pronti (-2,2%). E il 30%, anche nel post, dedicherà ancora più tempo alla preparazione del cibo e il 33% sperimenterà di più. Uno su 3 lo farà per “mangiare cose salutari”, ma c’è anche un 16% che lo ritiene un modo per mettersi al riparo da possibili occasioni di contagio.

Nella bolla si accorcia anche la filiera del cibo e, per un italiano su 2, l’italianità e la provenienza dal proprio territorio acquistano ancora più importanza.

Sempre per questioni di sicurezza, nell’estate appena trascorsa abbiamo assistito a una vera e propria rivincita del food confezionato che cresce a un ritmo più che doppio rispetto all’intero comparto alimentare se paragonato a un anno fa: +2,3% contro +0,5% (giugno-metà agosto 2020).

Il packaging protettivo e avvolgente sembra fare la differenza in tutti i comparti: l’ortofrutta e persino i salumi e latticini. E dopo il boom del lockdown non accenna nemmeno a diminuire la corsa all’e-food. A fianco dell’e-commerce puro gli italiani sembrano voler scegliere soluzioni miste: il click&collect passa dal 7,2% delle vendite on line del 2019 al 15,6% della fase post pandemia.

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