La Dop economy è in grado di promuovere lo sviluppo nell’intero territorio italiano e, anche in questa fase drammatica, può contribuire a sostenere, all’interno e all’estero, il nostro sistema agroalimentare.

Secondo il diciottesimo ‘Rapporto Ismea-Qualivita’, presentato l’11 dicembre, il settore nazionale delle Ig - oltre 180.000 operatori e 285 consorzi di tutela - ha raggiunto 16,9 miliardi alla produzione (+4,2% sul 2018), con un contributo del 19% al fatturato dell’agrifood e un export di 9,5 miliardi di euro (+5,1%), pari al 21% delle esportazioni agroalimentari.

Mezzo miliardo di euro, alla produzione e al netto dei vini, è da attribuire a denominazioni registrate dal 2010 in poi, a testimonianza del fatto che il patrimonio tricolore è lontano dall’esaurirsi.

Per l’enologia si osserva il ruolo traente esercitato sulle esportazioni, con 5,6 miliardi di euro destinati ai mercati internazionali, rispetto ai 3,8 miliardi (+7,2%) del food.

Dal punto di vista territoriale a fare da traino è il Nord Italia con Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte che concentrano il 65% del valore delle filiere a indicazione geografica.

Il cibo italiano Dop, Igp e Stg raggiunge i 7,7 miliardi di euro alla produzione e cresce del 5,7% sul 2018, con un trend del +54% dal 2009. Bene anche il consumo, che totalizza 15,3 miliardi di euro per un +63% in dieci anni.

Prosegue, poi, la dinamica positiva delle vendite estere, che fanno segnare, enologia esclusa, un +7,2% in un anno e un +162% dal 2009. I mercati principali si confermano Germania (786 milioni), Usa (711), Francia (525) e Regno Unito (273).

Vino: nel 2019 la produzione certificata ha superato la soglia dei 25 milioni di ettolitri, risultato di tendenze opposte tra le Dop (+6,2%) e le Igp (-1 per cento).
Il valore dello sfuso è di 3,5 miliardi di euro, mentre, dopo l’imbottigliamento, il dato raggiunge 9,2 miliardi di euro: di questi, 7,6 miliardi (82%) sono rappresentati dalle Dop.

Oltre confine la nostra enologia certificata cresce del 4% sul 2018 e, come già detto, tocca 5,6 miliardi di euro, con una quota schiacciante sui 6,4 miliardi (+3%) dell’intero export vitivinicolo italiano.

Suddividendo la Dop economy per merceologia si conferma il primato dei formaggi, che totalizzano 4,5 miliardi di euro alla produzione (+10%) e 7,5 miliardi al consumo (+5%), a fronte di volumi tendenzialmente stabili e pari 549.000 tonnellate (+1%). L’export vola al +13% e supera per la prima volta i 2 miliardi di euro.

Seguono, a molta distanza, gli alimenti a base di carne, con 1,9 miliardi di euro di produzione nel 2019, in calo del 4,7% rispetto all’anno precedente, anche se il valore della domanda sfiora 5 miliardi, con una crescita del 3,5 per cento.

Riprende a crescere il comparto degli aceti balsamici, che si attesta a 389 milioni alla produzione e a 982 al consumo (+5,6% sull’anno precedente). In questo caso il 92% del made in Italy è destinato all’export, per un giro d’affari di 891 milioni di euro.

Seguono gli ortofrutticoli a denominazione: 318 milioni di euro (+2,1%) e 894 milioni (+27%), per un 50% circa dovuti alla melicoltura, cui si aggiungono gli agrumi (+34%), i pomodori (+28%), i cereali e legumi (+14%) e gli ortaggi (+7%).

Per gli oli d’oliva, invece, il 2019 è stato un anno di calo dei volumi, fino a 11.000 tonnellate (-11%), a causa di una campagna 2018 particolarmente scarsa. Il dato alla produzione è di 82 milioni di euro (-4,6%), mentre il consumo raggiunge 134 milioni (-7,4%), con una quota export del 39 per cento.

Un poco al disopra degli oli si collocano le carni fresche, con 14.000 tonnellate di produzione certificata (+1,4%), pari a 92 milioni di euro, che diventano 196 milioni al consumo (+0,8 per cento).

I beni raggruppati alla voce ‘altre categorie’ formano un paniere da 336 milioni di euro (+27%) e 567 milioni di euro (+29%), numeri trainati dalla netta crescita della pasta Igp e dai buoni risultati di panetteria e pasticceria.