La crisi c’è e si vede, ma, le vacanze continuano a tenere banco. Italiani.Coop - il sito che il leader della distribuzione nazionale dedica ai trend e ai fenomeni socioeconomici - dice che, per queste ferie di primavera, il 51% dei nostri connazionali è in partenza, o è già partito e “il lungo ponte, che vede vicine le giornate di Pasqua con quelle del 25 aprile e del primo maggio, è l’occasione per un assaggio di estate. Città d’arte ma anche un po’ di mare, per lo più in comodità, buttando un occhio al risparmio”.

Secondo i dati di un’indagine Coop-Robintur, svolta su 1000 intervistati, tantissimi, 86%, hanno scelto mete nazionali, specie Toscana, Sicilia e Campania, mentre il restante 14% ha preferito l’estero, a partire da Spagna, Francia e Croazia. A scorrere le cifre si scopre, inoltre, che il 46% opta per una vacanza breve e ‘low cost’, e, al contrario, il 7% sceglie il superponte, di 12 giorni, fino al 1° maggio.

Le valutazioni di Astoi-Confindustria viaggi, l’associazione che rappresenta oltre il 90% del mercato del tour operating italiano, precisano che il budget medio a persona è di 1.200 euro, per i viaggi in Europa e i soggiorni balneari a medio raggio, di 2.500-4.000 per i viaggi a lungo raggio e di 7.000-9.000 per il segmento lusso.

La totalità dei soci Astoi ha registrato una forte crescita delle prenotazioni rispetto al 2018, che già segnava un +15% sul 2017. Si va da un minimo del 10% a un massimo del 35 per cento.

“Sono cifre talmente alte – scrive l’Associazione - che il mese di aprile è stato equiparato all’altissima stagione (Ferragosto), con partenze equamente distribuite fra la Pasqua e i ponti (25 aprile e 1° maggio). Gli italiani hanno prenotato viaggi e soggiorni con durata da 6 a 15 giorni. Indipendentemente dalle mete e dal budget, complice la lunga chiusura delle scuole, si è deciso di approfittare delle ottime combinazioni del calendario”.

Per il cibo campeggia, a detta di Coldiretti/Ixe’, come piatto più rappresentativo della tradizione, la carne d’agnello, che viene servita quest’anno su oltre la metà delle tavole (51%). L’88% dei nostri connazionali vuole un prodotto di origine nazionale e quasi 1/4 dei consumatori ha scelto, addirittura, di rifornirsi direttamente dai pastori.

È sboom, invece, per i prodotti da ricorrenza. Fida-Confcommercio, la federazione dei dettaglianti dell'alimentazione, pronostica, alla fine della campagna di vendita, un calo degli acquisti di uova di cioccolato tra il 25 e il 30%, e un ripiegamento del 15% per le colombe.

“Non ci aspettiamo grandi numeri, a causa dei mutati stili di vita, delle diete, delle condizioni meteo e della data di Pasqua, a primavera inoltrata. Tutti fattori che inducono molti a partire e ad acquistare meno. Ciò è dovuto anche a una flessione generalizzata dei consumi alimentari”, commenta, in una nota, Donatella Prampolini, presidente di Fida.

A condizionare gli acquisti di colombe, secondo l’associazione, è anche il trend nazionale legato ai prodotti da forno, che risente della propensione degli italiani ad acquistare alimenti meno calorici.

Il costo medio delle colombe industriali nella grande distribuzione – riferisce ancora Fida – si attesta intorno ai 3 euro, e sale agli 8-10 per quelle farcite, mentre il prezzo delle uova di cioccolato è di 3-4 euro per 300 grammi. In pasticceria si spendono invece tra i 20 e i 22 euro per una colomba artigianale e tra i 40 e 45 euro per le uova di cioccolato.

Ma se le uova calano, le sorprese non mancano e chi rimane in città affronta il toto supermercato aperto, visto che i sindacati del commercio hanno annunciato scioperi a raffica per le feste civili e religiose.

A scaldare gli animi, già roventi, la legge sulle chiusure obbligatorie, che però è sempre più traballante. Dopo il recentissimo ciclo di audizioni presso la Camera dei Deputati delle organizzazioni degli operatori – come il Consiglio nazionale dei centri commerciali, l’Associazione dei negozianti degli outlet, Centromarca, Confimprese -, la norma sembra congelata. E questo non certo grazie alle analisi statistiche presentate, che basterebbero, se ce ne fosse bisogno, a dimostrare che la ‘sderegulation’ non fa rima con il calo dei consumi, ma semplicemente perché il fragile patto fra Lega e M5S, ormai in tilt, ha mandato tutto in soffitta, prefigurando la crisi di Governo.