di Marco Usai

Con Fabrizio Pavone, co- founder e cmo di QBerg, proviamo a capire quale impatto hanno prezzi, promozioni e rotture di stock sulla fedeltà del consumatore.

Più che mai, in tempo d’inflazione, monitorare e adeguare tempestivamente i prezzi alla concorrenza può fare la differenza tra avere clienti fidelizzati o perdere vendite.

Per quello che mi riguarda, non smetterò mai di dirlo: se il dato di venduto è l’obiettivo finale di qualsiasi operatore commerciale, allo stesso tempo, rappresenta una misurazione di un evento già accaduto. Il danno (o il successo, ovviamente) è fatto, si può solo guardare indietro. È di fondamentale importanza, quindi, l’attività di monitoraggio continuo e di pianificazione di quei driver che contribuiscono in modo determinante al risultato: l’esposizione (nel punto vendita fisico e in quello virtuale) e le attività promozionali (volantino per l’online e campagne web o web promo per l’offline).
Monitorare significa anche adeguare i propri prezzi in modo da assicurare competitività, ma non solo. Scelte assortimentali (a cosa dare risalto), cosa spingere con attività promo (e come farlo), curare i touchpoint con una vera visione multicanale, sono solo alcuni dei punti fermi su cui occorre concentrarsi.
Nessuno però si può nascondere dietro ad un dito: il prezzo è stato, è tuttora e sarà sempre un fattore determinante. E all’aumentare della battuta di cassa, come avviene ad esempio nel mondo dell’elettronica o nel mondo del farmaceutico, ciò è tanto più vero. Quale sia la meccanica di vendita (EDLP, promo, azioni dirette alla fedeltà, etc.), alla fine conta il prezzo che il consumatore vede.
Il cliente ha imparato a comparare, a monitorare il mercato poiché oggi possiede molti più strumenti per farlo e anche il retailer si dovrebbe allineare, da qui non si scappa.

Quali sono le conseguenze, in termini di fedeltà del cliente, di un Out of stock ricorrente?

Quando si parla di OOS, si nomina di una vera e propria “ferita aperta” per il retail. Ed è così da sempre, nel fisico: out-of-stock=vendita persa. Punto.
Di certo, a proposito dell’OOS, si apre tutta un’altra storia quando si parla di e-commerce. Infatti la caratteristica intrinseca dello “scaffale infinito” che un e-commerce garantisce, fa sì che si stiano verificando sempre di più due tipologie di fenomeno.
La prima è quella di tenere un prodotto sempre in vista: con la sua foto, le sue schede tecniche, le recensioni, insomma tutto il corredo associato ad un prodotto esposto. Semplicemente, il prodotto non è acquistabile, “Arriverà il…”, “Fai un preordine…”, tanto per citare alcune delle formule caratteristiche con cui l’OOS si manifesta. In pratica, si usa il web come vetrina.
Secondo me, dove invece la pratica sconfina oltre i limiti dell’etica, è quando si usano alcuni tra i più noti siti di offerte basati su feed (in altre parole, è il seller che pubblica su questi siti che si propongono come “comparatori prezzi” ma che proprio per questo non lo sono) per pubblicare prezzi stracciati su prodotti di particolare appeal. Peccato che, quando il consumatore ci clicca sopra, la landing page mostri un bell’OOS. Ma intanto l’hanno dirottato sull’online, con tutti i suggerimenti di prodotti alternativi del caso.
Secondo quanto registrato da noi di QBerg, il fenomeno dell’OOS sui siti di e-commerce è molto basso nel mondo del Food&Grocery (nei primi tre mesi del 2023 si attesta sul 2.1% delle osservazioni), ma cresce già sensibilmente ad esempio sui siti dei Wine Specialist (22.2%), per arrivare al dato più alto nel mondo dell’elettronica (24.8%) e del Pharma (addirittura 29.5% sul totale delle osservazioni di prezzo).
Se un consumatore fisico (tendenzialmente più fedele) si reca in un punto vendita e non trova il suo prodotto, il livello di insoddisfazione può essere alto ma non altissimo, invece grazie ad un volantino “sottocosto”, la customer satisfaction decresce sicuramente ampiamente. Sicuramente se questa dinamica si ripete con frequenza, può portare alla rottura del rapporto di fedeltà.
Ma se in un OOS (più o meno malevolo) si imbatte un consumatore digitale, beh, allora questo può voler dire la fine del rapporto prima ancora che lo stesso sia iniziato. Inutile quindi parlare di “Life time value” del consumatore, qui la “life” non esiste nemmeno.

Il volantino contribuisce in modo sostanziale al “drive-to-store” nel fisico. Con meno promozioni, nel 2022 il cliente ha scelto con più attenzione dove fare la spesa. Sarà così anche nel 2023?

Comincerei dal “meno promozioni”: attenzione, perché se è vero che qualche canale ha leggermente diminuito la numerica di campagne (nel 2022 gli Ipermarket hanno diminuito del 2.6% rispetto al 2021, i Pet Specialist dell’11% e le Farmacie del 3.2%), ve ne sono altri che hanno incrementato. I Supermarket ne hanno fatte + 2.2%, le Superette il +3.5%, gli Specialisti Elettronica (Catene e Gruppi d’acquisto) addirittura il 33% in più. Non solo: sia chi ha diminuito la numerica delle promozioni, sia chi l’ha incrementata, si è visto costretto ad aumentare parallelamente il numero delle diverse edizioni locali, generando una parcellizzazione (o localizzazione) sempre più dinamica dell’offerta.
Se a questo aggiungiamo l’esplosione delle campagne promo e-commerce (leva ancora poco usata nel mondo del Food&Grocery ma in forte espansione in mondi come l’elettronica e il farmaceutico), allora lo scenario cambia. Cambia anche perché variano le modalità: ai volantini cartacei (per QBerg immortali) si affiancano sempre più volantini digitali “a geometria variabile”, cioè con offerte che possono cambiare di giorno in giorno. Insomma, uno scenario complesso che mi porta a fare alcune riflessioni.
Primo: un fenomeno in continua evoluzione è tutt’altro che in declino. La promozione è una commodity, senza di essa non si vende. Se pensiamo che per l’elettronica, nell’anno in corso registriamo già uno sconto medio a volantino del 20.6%, e nel Food&Grocery del 5.5% (sconto reale, mentre il dichiarato supera il 26%), osserviamo come la leva “convenienza” continui ad essere reputata un fortissimo “drive-to-store”. Secondo: attenzione alla tendenza rilevata da alcuni analisti (tra cui il Prof. Marco Ieva dell’Università di Parma) alla personalizzazione delle promozioni.
Il volantino è bello perché è democratico.
Quel pacco di pasta lo compro in promozione a 0.79 euro io e tutti i consumatori che si recano in negozio nello stesso momento. Cosa succederebbe se si scoprisse che ciò che io compro a 0.79 un altro acquirente lo acquista a 0.60? Nulla di positivo, penso.
E questa è un’altra ragione che mi porta a dire che il volantino, nella versione sfogliabile che tutti conosciamo (cartaceo o digitale che sia) avrà ancora lunga vita. È vero, sarà una vita contraddistinta da un carattere di complessità intrinseco, sempre crescente ma gli strumenti per tenerlo sotto controllo ci sono ed per noi di QBerg è imprescindibile utilizzarli.