Preoccupazione. E’ questo lo stato d’animo diffuso tra i protagonisti della distribuzione moderna che si è potuto raccogliere in occasione della quinta edizione della "Giornata ADM", cui hanno preso parte numerosi rappresentanti delle principali catene distributive italiane e alcuni esponenti dell'industria di marca. Preoccupazione innanzitutto per come stanno andando le cose in Gdo: non bene, con cali generalizzati dei fatturati nei vari canali, tenuta a stento delle quote di mercato da parte dei retailer a rete corrente e netta perdita se il conto lo si fa considerando la parità di rete. Ma preoccupazione anche per come potrebbero continuare ad andare.

Le previsioni circa il superamento della crisi dei consumi e il futuro andamento dell’economia italiana presentate da Bain & Company a introduzione della tavola rotonda intitolata "La crisi dei consumi e le implicazioni per le imprese della distribuzione moderna", non sono di quelle che fanno stare tranquilli. Le economie occidentali – questa la tesi della nota società di consulenza aziendale – hanno ormai raschiato il barile. L’alto livello di indebitamento dei vari paesi non permetterà di dare luogo a ulteriori investimenti per rilanciare consumi ed economia se non da qui a cinque-dieci anni. Ergo: prepariamoci a tempi duri ancora a lungo.

Certo, l’impatto di questa situazione per la distribuzione moderna potrà essere anche fortemente attutito. La ricetta di Bain & Company, oltre che su un chiaro posizionamento competitivo che permetta di servire in modo efficace e innovativo il consumatore del futuro, punta su una riduzione dei costi operativi, valutati quattro punti percentuali più alti rispetto alla media delle imprese distributive europee. Efficacia che permetterebbe di ridurre di qualche punto anche la marginalità, anch’essa considerata più elevata che nel resto del continente.

Ma i distributori non ci stanno. Camillo de Berardinis, ad di Conad nonché presidente di ADM (associazione che, vale la pena di ricordarlo, associa oggi oltre 650 imprese della distribuzione moderna, per un fatturato di circa 170 miliardi di euro) ha sottolineato la necessità di dare finalmente il via a quelle liberalizzazioni del mercato e della concorrenza – a cominciare dalla vendita dei carburanti in Gdo – che rappresenterebbero, analogamente a quanto è accaduto con i farmaci da banco, un sostegno al rilancio dei consumi e un aiuto per le tasche dei consumatori. Il presidente di Coop Vincenzo Tassinari ha invece ammesso l’impossibilità di ridurre costi operativi e margini da parte delle aziende distributive, lanciando semmai un j’accuse nei confronti dell’immobilità del Governo, circa iniziative per il rilancio dei consumi, e di una marginalità nettamente più alta da parte dell’industria.

Alle preoccupazioni
per come stanno andando le cose e per gli scenari futuri, si è aggiunta peraltro un’ulteriore noia. E’ infatti da poco giunta comunicazione, da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, sull’avvio di un'indagine conoscitiva sul ruolo della Gdo nella filiera agroalimentare. Il mirino dell’Antitrust sembra concentrarsi sulle presunte irregolarità concorrenziali tra i vari gruppi distributivi (leggasi centrali d’acquisto) e le aziende fornitrici, specie se di piccole o medie dimensioni, che porterebbe a un eccessivo rafforzamento del potere contrattuale della imprese della Gdo. Un’iniziativa che ha soddisfatto le associazioni dei consumatori e degli agricoltori, ma che sta facendo infuriare i distributori, costretti, oltre a far fronte all’erosione dei fatturati, a difendersi dall’accusa di concorrenza sleale nei confronti delle aziende fornitrici e dei coltivatori e di speculatori agli occhi dei consumatori.