di Emanuele Scarci

Grana padano oltre la crisi dei consumi. Le vendite crescono nella distribuzione moderna, nell’Horeca e anche all’estero nonostante l’aumento dei prezzi al dettaglio. Mentre la forbice di prezzo con il Parmigiano reggiano si è assottigliata fino ai minimi storici.

“Nel periodo gennaio-luglio 2023 – sottolinea a Distribuzione Moderna Stefano Berni, direttore del Consorzio del Grana padano – le vendite a volume nel retail sono aumentate dell’1,3% e nell’Horeca del 12%. Bene anche l’export con un +3% nel primo semestre. Complessivamente nei primi 8 mesi, le uscite di Grana padano marchiato dai nostri magazzini sono salite del 4,5% rispetto all’analogo periodo del 2022. Il prezzo medio di vendita al pubblico è cresciuto del 13% e quindi il valore complessivo del venduto è balzato di oltre il 16%. Ormai l’export sfiora il 50% del totale venduto e il Grana padano si conferma nettamente il prodotto dop più venduto, per quantità, sia in Italia che all’estero”.
A fronte della crescita della domanda, nel periodo 2020/22, la produzione annuale di Grana padano è rimasta ferma a 5,2 milioni di forme. Oggi il 65% delle vendite di Grana padano in Italia è realizzato nel canale della distribuzione moderna, il resto nell’Horeca, nel commercio ambulante e nei preparati.

Tornatore e Morricone

Come spiegare il miglioramento delle vendite nonostante l’aumento dei prezzi? “Credo che molto lo si debba alla pubblicità - risponde Berni -. Lo spot Un’emozione italian , diretto da Giuseppe Tornatore sulle note di "Gabriel’s Oboe" di Ennio Morricone, hanno davvero performato bene. Questi dati così vistosi del venduto ci hanno positivamente sorpreso e indotti a un’approfondita analisi nell’ultimo Cda, a cui ha partecipato anche la nostra società di consulenza Kpmg. Abbiamo desunto che il binomio qualità-prezzo, sostenuto da una pubblicità molto efficace e da un media mix molto azzeccato, ha generato questa ottima performance”.
Più recentemente, dopo il picco di inizio anno, le quotazioni del prodotto stagionato 9 mesi hanno imboccato una linea discendente con un -7%. E il direttore del Consorzio la spiega con “il calo dei costi che ha fatto scendere anche le quotazioni alla produzione, ma siamo soddisfatti così”.

Forbice stretta

A settembre il divario tra il Grana padano stagionato 9 mesi e il Parmigiano reggiano 12 mesi si è ridotto a meno del 14% contro una media storica del 20/25%.
Probabilmente ha influito anche il calo della produzione del biennio 2021/22. “Noi nel 2022 siamo calati solo dello 0,43% - osserva Berni - mentre la produzione del Parmigiano reggiano è cresciuta del 4,9% nel 2020 e del 3,9% nel 2021. Forse un po’ troppo. Una forbice di prezzo così stretta però non ci fa piacere, perché crea problemi a noi e al Parmigiano reggiano”.
Da uno studio risulterebbe che se i prezzi dei due formaggi sono troppo vicini, il consumatore sceglierebbe il Parmigiano reggiano.