di Emanuele Scarci

Cibus dei record in vista. Questa mattina è stato inaugurato il 22esimo salone internazionale dell’alimentazione che terrà banco fino al 10 maggio. A Parma espongono più di 3mila marchi, mentre sono attesi circa 3mila buyer internazionali.

Al taglio del nastro, il ministro del made in Italy e delle imprese Adolfo Urso ha ribadito che “la Food valley è un modello di eccellenza che rende grande il made in Italy nel mondo. Cibus a Parma di fatto oggi fa la sua vera e grande riapertura dopo gli anni dei cigni neri”.

Da un report, realizzato dal Centro di ricerca per lo sviluppo imprenditoriale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Cersi), è emerso che nel decennio 2013/2023 la crescita italiana nell’export agrifood è stata del 27% rispetto al 12% della media europea. Un risultato che ha portato l’export di prodotti agroalimentari a sfiorare i 64 miliardi di dollari, circa il 10% dell’export europeo (679 miliardi di dollari), collocando il nostro paese al quarto posto nel 2023 per sviluppo in Europa.

Per Fabio Antoldi, direttore del Cersi “questi dati suggeriscono che, in un contesto macroeconomico e in un arco temporale caratterizzato da grande incertezza, le imprese italiane dell’agroalimentare hanno mostrato grande capacità di adattamento e sono state in grado di sviluppare la competitività sui mercati internazionali più di quanto non sia accaduto in altri paesi europei”.
Dallo studio curato dal Cersi, il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida ha tratto la conferma che l’Italia sta dimostrando incoraggianti segnali di crescita. “Continueremo a investire nella qualità del made in Italy” ha ribadito.


Domanda debole

Dal fronte più operativo, Mauro Lusetti, presidente di Conad, catena commerciale con oltre 20 miliardi di fatturato, ha sottolineato a margine dell’inaugurazione che “se l’export rimane vivace, il mercato interno continua a languire. Dopo la perdita di 2 punti percentuali nel 2023, nel primo quadrimestre le vendite oscillano fra zero e meno 1%”. Che fare? “Il governo dovrebbe, da un lato, aiutare di più le famiglie e, dall’altro, portare avanti il discorso del cuneo fiscale e dell’innovazione di prodotto”.

In attesa di questi provvedimenti, Conad non è rimasta ferma ma ha continuato a spingere sull’espansione del marchio privato, infatti è la catena commerciale leader anche per diffusione della private label. “Quest’anno continuiamo a crescere - ha aggiunto Lusetti - fino a raggiungere il 35% delle vendite di prodotti confezionati”.