La data e il luogo sono più o meno già fissati: New York, fine 2013. Qui Barilla andrà ad aprire il punto di vendita pilota di una catena di ristoranti con il proprio marchio. Lo ha detto Guido Barilla, parlando, il 30 agosto, con la giornalista Manuela Mesco del “Wall Street Journal”. La notizia, rilanciata subito dall’Ansa, e confermata dal portavoce ufficiale del colosso parmense, ha ribadito le strategie della multinazionale, sempre più propensa a concentrarsi su settori di business a rapida evoluzione e a tagliare le attività non strategiche: dalla tedesca Lieken, specialista nel mondo del bakery (valutata 756 milioni), a Number One Logistics,  passata il 3 luglio al gruppo Fisi. Ci sono poi da citare il maxi stabilimento per sughi pronti di Rubbiano, vicino a Parma, una struttura da 40 milioni e 120 posti di lavoro che aprirà i battenti l’8 ottobre e la cessione, da parte di Barilla France, di Harry's Russia e Harry's management services.

«La maggior parte degli americani mangia pasta, ma non molto spesso - ha detto il presidente -. C'è senza dubbio del potenziale per un'espansione negli Stati Uniti». E gli Usa sono da sempre, come è noto, un fondamentale orizzonte per casa Barilla, che ha archiviato l’anno con un giro di affari di 3.916 milioni, di cui un 10% circa dovuto proprio agli States: 365 milioni di vendite, in forte crescita rispetto ai valori di cinque anni fa, piazzati sui 220 milioni.

La linea dei piatti pronti, sulla quale l’azienda sta scommettendo con forza, secondo una filosofia improntata al motto “dalla pasta al pasto”, dopo il lancio, avvenuto in febbraio, ha totalizzato, nei primi 5 mesi, vendite per 4 miliardi di pezzi.

Comunque i buoni vecchi spaghetti e maccheroni,  pur con i loro margini risicati, rimangono sempre nel cuore della famiglia Barilla, anche perché si tratta di un cibo buono e conveniente, che in un momento di crisi economica sta registrando trend interessanti in tutta Europa, fino al picco del 3,5% messo a segno in Grecia nel primo trimestre del 2012.