La notizia è davvero pessima: il numero di persone che dovranno affrontare l'insicurezza alimentare – cioè l’impossibilità di soddisfare le proprie esigenze nutrizionali, cioè il gradino prima della fame - aumenterà, a livello mondiale, di 243 milioni entro novembre 2022, fino a raggiungere 1,9 miliardi di individui, in crescita di 18 punti rispetto a maggio 2022.

A dirlo sono gli analisti di Eurasia group, società internazionale di studi sul rischio politico, e di Devrybv sustainable strategies, specialista della consulenza strategica in materia di problematiche ambientali e sociali.

La ricerca ‘Food security and the coming storm’, presentata a New York in occasione del Global citizen now, summit internazionale sulla povertà e la difesa del pianeta, ribadisce che la guerra della Russia contro l'Ucraina ha sconvolto i mercati agricoli, aumentando l'inflazione e la fame nel mondo.

Insieme agli effetti generati dalla pandemia da Covid-19, con effetto domino sui carburanti, su molte altre fonti energetiche e, dunque, sulla logistica, i prezzi delle derrate alimentari stanno aumentando in modo vertiginoso e, anche nello scenario più ottimistico, il quale presupporrebbe di arrivare rapidamente a una tregua, il livello di insicurezza alimentare sarebbe comunque superiore a quello del 2021. Già prima del conflitto le statistiche avevano superato i livelli del 2021 e le persone che rischiavano in modo grave la fame erano salite di 193 milioni in 53 Paesi.

Ma, purtroppo, Eurasia ritiene che lo scenario più realistico, con un tasso di probabilità del 70%, sia quello pessimistico, cioè di un lungo trascinarsi della guerra. In questo caso la crescita mondiale farebbe un passo indietro di un punto percentuale, l’inflazione di fondo aumenterebbe ancora di un punto e mezzo, rispetto ai livelli del primo quadrimestre del 2022 e le pressioni sui prezzi persisterebbero per tutto il 2023.

Il blocco dei flussi commerciali è tanto più grave in quanto Russia e Ucraina, una volta sommate, generano il 29% di tutte le esportazioni di grano, ma rappresentano anche il 14% della produzione mondiale di orzo e il 17% dell’export di mais. Inoltre, quasi l'80% dell’olio di girasole proviene dalla regione del Mar Nero.

«Il report ci aiuta a immaginare più chiaramente l'uragano della fame che si sta abbattendo su di noi - spiega Michael Sheldrick, cofondatore e responsabile delle politiche, dell'impatto e delle relazioni governative di Global Citizen -. Esso offre ulteriore validità agli appelli per frenare i pericolosi aumenti dei prezzi alimentari, per abolire i divieti agli scambi di materie prime indispensabili, per garantire l'accesso alle scorte alimentari disponibili, mantenendo l'integrità delle rotte commerciali e prevenendo le crisi future attraverso investimenti a lungo termine, che considerino anche i piccoli agricoltori».

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