Sugli scaffali della distribuzione moderna sono ormai 70mila i prodotti contrassegnati dal logo dell’insegna distributiva, con un posizionamento di prezzo del 20-25% inferiore a quello dei marchi industriali.

Verso i 15 miliardi

Il 43% degli italiani dichiara di avere acquistato, nel 2021, soprattutto private label, mentre l’offerta ha consolidato un percorso di crescita in atto da quasi 20 anni, raggiungendo un fatturato di 11,7 miliardi (più che triplicato dal 2003) e una quota del 19,8 per cento.

E le previsioni di nuove perdite del potere di acquisto, per tutto il 2022, fanno pensare a una conferma della tendenza in atto, per arrivare poi al 24% di incidenza nel 2030 e a un giro d’affari di 15 miliardi di euro.

Questi i dati salienti emersi ieri, 12 aprile, dal convegno di apertura di MarcabyBolognaFiere, la manifestazione organizzata da Adm (Associazione distribuzione moderna) e da Bologna Fiere dove è stata presentata, fra l’altro, la doppia ricerca svolta da The european house Ambrosetti e Ipsos su una community online di 45 acquirenti di marche private e, per gli elementi quantitativi, su un campione di 1.500 persone, rappresentative dell’universo dei responsabili degli acquisti.

Conosciute e sostenibili

La marca del distributore presenta un alto livello di riconoscibilità fra gli italiani, tanto che 1 su 4 dichiara di scegliere il proprio punto vendita abituale in funzione delle private label, mentre il 95% dei soggetti conosce almeno una marca del distributore e il 78% anche i marchi di fantasia.

I best seller sono, nell’ordine, l’alimentare confezionato e i surgelati, seguiti dagli articoli per la cura della casa e persona, dalle bevande analcoliche, dai freschi e dal petfood.

Molto significativa, poi, l’attenzione alla sostenibilità e al benessere: basti dire che la quota di mercato delle private label biologiche ha raggiunto, sempre nel 2021, il 44,1 per cento.

L’81% ritiene che ci sia stato un progressivo miglioramento nella qualità dell’offerta negli ultimi 10 anni e un 55% reputa che la Mdd sia attenta all’ambiente e alla sostenibilità, nonché ai temi etici e sociali (50% di risposte).

Emergono, come fattori di apprezzamento, la capacità di presidiare le molte ricette ed eccellenze dei territori italiani (rispettivamente 66% e 63%), la valorizzazione dei produttori locali (59%), la risposta adeguata alla generale domanda di salubrità (59%).

Il valore socioeconomico

The european house Ambrosetti ha anche analizzato il valore socioeconomico del sistema delle private label, che alimenta 1.500 aziende fornitrici, con le quali la Gdo instaura relazioni di collaborazione di lungo periodo, nel 50% dei casi superiore agli 8 anni. L’analisi dei bilanci, svolta su un campione di 610 aziende copacker, dimostra che le imprese alimentari focalizzate sulle Mdd hanno performance economiche, occupazionali e di reddito migliori delle altre e che la loro crescita media, nel periodo 2013-2020, è proporzionale all’incremento della quota di business dedicata alle marche private.

Spiega Valerio De Molli, amministratore delegato di Ambrosetti: «Mai avremmo potuto ipotizzare che, nello stesso momento storico, ci sarebbe stata la convergenza di cinque fattori di rischio: la pandemia globale, lo scoppio della guerra, l’esplosione dei costi energetici e logistici, l’interruzione di alcune filiere di approvvigionamento e l’impennata dell’inflazione, con forte pressione sui redditi disponibili delle famiglie. In questo contesto, di grande incertezza, la marca del distributore svolge un importante ruolo sociale ed economico. Dallo studio emerge che l’acquisto di prodotti Mdd ha generato, solo nel 2021, un risparmio complessivo di 2,1 miliardi di euro, pari a 100 euro per famiglia».