A questo riguardo sono molto indicative le note diffuse proprio ieri dalle due maggiori associazioni agricole nazionali, Cia e Coldiretti, sull’andamento dei prodotti Dop e Igp misurato dall’Istat. L’Italia resta salda al comando della classifica Ue delle produzioni certificate, che crescono a un ritmo sostenuto che non ha pari in nessun altro Paese europeo – osserva Cia -. Rispetto alle 239 certificazioni registrate dall’Istat al 31 dicembre 2011, il numero dei riconoscimenti per il Belpaese è ancora aumentato nei primi nove mesi di quest’anno: oggi il totale delle denominazioni d’origine sale a 246, di cui 154 Dop, 90 Igp e 2 Stg.

D’altra parte -continua  Cia- il segmento dei prodotti italiani “garantiti” ha un rilevante peso di mercato. Il giro d’affari legato alle produzioni Dop e Igp supera i 9 miliardi di euro l’anno, di cui 2 miliardi legati all’export. Ma si può fare ancora di più, visto che a oggi quasi l’80% del fatturato totale del comparto è legato a poche denominazioni:  Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma e Prosciutto San Daniele.

Una vera piaga resta la contraffazione. Si stima che il falso Made in Italy alimentare all’estero valga 50 miliardi di euro e riguardi i prodotti piu’ rappresentativi. E' il caso - spiega Coldiretti - dei formaggi tipici, dove il Parmesan è la punta dell'iceberg diffuso in tutto il mondo, dagli Usa all'Australia, ma ci sono anche il Romano, l'Asiago e il Gorgonzola prodotti negli Stati Uniti, dove si trovano anche il Chianti californiano e inquietanti imitazioni di Soppressata calabrese e pomodori San Marzano “spacciati” come italiane. E in alcuni casi sono i marchi storici ad essere “taroccati” come nel caso della mortadella San Daniele e del prosciutto San Daniele prodotti in Canada. I Paesi dove sono piu' diffuse le imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti dove appena il 2% dei consumi di formaggio di tipo italiano sono soddisfatti con le importazioni di formaggi Made in Italy, mentre per il resto si tratta di imitazioni e falsificazioni ottenute sul suolo americano con latte statunitense in Wisconsin, New York o California. Ma a preoccupare sono anche  le tendenze di Paesi emergenti come la Cina dove il falso Made in Italy è arrivato prima di quello originale e rischia di comprometterne la crescita.