Scende di poco, sotto i 44 milioni di ettolitri, la produzione vitivinicola italiana, in calo del 12% rispetto ai 50 milioni dello scorso anno.

Secondo le previsioni dell’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini, presentate ieri, 12 settembre, al Masaf, quella del 2023 potrebbe rivelarsi la vendemmia più leggera degli ultimi 6 anni, ancora una volta caratterizzata dagli effetti - ormai cronici - dei mutamenti climatici che, con i relativi decorsi meteorologici incerti e spesso estremi (+70% le giornate di pioggia sui primi 8 mesi dell’anno scorso), hanno determinato importanti differenze quantitative lungo tutto lo Stivale.

È un vigneto Italia spaccato a metà quello fotografato dall’Osservatorio, che vede il Nord confermare i livelli dello scorso anno (+0,8%), mentre al Centro, al Sud e nelle Isole si registrano flessioni rispettivamente attorno al 20% e 30 per cento.

Protagonista dell’annata, la Peronospora, malattia fungina determinata dalle frequenti piogge che non ha lasciato scampo a molti vigneti, soprattutto del Centro-Sud.

I tecnici dell’Osservatorio ribadiscono però che lo Peronospora non influisce direttamente sulla qualità delle uve sane: i primi grappoli raccolti, destinati alle basi spumante, presentano infatti buoni livelli di acidità e interessanti quadri aromatici, che danno buone prospettive.

Per le altre tipologie saranno determinanti le condizioni meteo del mese di settembre e ottobre, quando si svolgerà il grosso della raccolta.

La contrazione complessiva in volume, se confermata, comporterebbe la cessione del primato mondiale alla Francia, la cui produzione è stimata attorno ai 45 milioni di ettolitri, con un -2% sul 2022. Un “puro dato statistico”, sottolinea l’Osservatorio, che potrebbe dimostrarsi più o meno incisivo a seconda dell’andamento climatico delle prossime settimane, cruciali per portare a maturazione ottimale soprattutto le uve delle varietà più tardive.