Interpretare le tendenze, precederle quel tanto che basta a ridurre il rischio di reazioni negative da parte di un consumatore talvolta assediato da proposte che anticipano in maniera eccessiva il formarsi di un’opinione, di un gusto, di un trend, o che, più semplicemente, non riescono a stabilire con lui la necessaria sintonia. Con questa consapevolezza che ne guida le scelte, Pietro Biscaldi, importatore di lungo corso (l’azienda di famiglia opera da oltre 40 anni), torna all’attacco con Elyssia, l’etichetta di maggior prestigio di Freixenet, la marca spagnola sinonimo di cava, lo spumante metodo tradizionale vanto della penisola iberica. Elyssia, prodotto sia in versione rosé da Pinot noir e Trepat, sia in bianco con un uvaggio dove si distingue lo Chardonnay, è destinato per un primo periodo a punti vendita selezionati, com’è d’uso quando si tratta di introdurre sul mercato prodotti di livello qualitativo elevato che poi i gourmet sostengono diventandone i testimonial più credibili. È quel che in sostanza è avvenuto con i maggiori successi di Biscaldi, noto per aver fatto da apripista con le birre messicane, con gli energy drink, per aver sfondato con acque nobili come Ty Nant e via via con una lunga serie di specialità, le sue Dive.
Sviluppatosi per molti anni nel canale fuori casa, Biscaldi ha col tempo diversificato la distribuzione dei suoi prodotti, tanto che oggi il 50% del fatturato lo realizza con la Gdo. Con lui, grande appassionato d’arte moderna (per alcune operazioni di marketing s’è affidato a grandi nomi come Ugo Nespolo, Mario Schifano e Mimmo Rotella tanto per citarne alcuni) DM ha parlato dell’andamento del settore, delle novità e delle tendenze di consumo più attuali.

Che opinione ha degli interlocutori con i quali si confronta avendo a che fare con iper e supermercati?
Molto buona, si tratta in genere di buyer giovani che amano ricercare prodotti innovativi, di qualità, che si informano, si documentano e valutano spesso con estrema competenza quel che viene loro proposto.

La birra è il suo cavallo di battaglia. Quali etichette si distinguono in questo periodo?
Va molto bene la birra giapponese Asahi che ha accompagnato l’espansione della cucina del Sol Levante in Italia e che tuttavia ora realizza il 50% dei volumi fuori da questo tipo di locali, con ottimi risultati anche nel canale domestico. È del resto una delle birre più richieste da chi organizza eventi di alto livello, nel settore della moda piuttosto che della musica, o nel corso di presentazioni aziendali dove l’immagine è costruita anche da ciò che vi viene consumato. Asahi cresce del 15% l’anno e ha raddoppiato i volumi negli ultimi tre.

Non è certo l’unica a darle soddisfazione...
Certo che no. Ci stiamo focalizzando molto con ottimi risultati anche su Viru, la birra estone distinta da una particolarissima bottiglia a base ottagonale. Siamo partner dei produttori in un’impresa molto stimolante che può contare su investimenti ragguardevoli che già hanno prodotto ottime performance. Siamo sponsor del team Suzuky Alstare nel campionato mondiale superbike e le vendite vanno molto bene sia nel canale fuori casa che in quello domestico. Viru risulta gradita per il suo gusto equilibrato tra il morbido, preferito dai neofiti, e il luppolato che conquista gli intenditori. In prospettiva mi attendo risultati lusinghieri anche da Budejovicky Budvar, conosciuta come Budweiser nella repubblica Ceca dov’è prodotta: stimo che in Italia sia solo al 20% delle sue potenzialità.

Come vede il futuro e che cosa sta per proporre?
In prospettiva immagino l’arrivo di birre dal Far East e dal Sudamerica, sempre in virtù del proliferare della cucina etnica anche in Italia. Una chiave, questa, che sta favorendo il successo della birra Cobra, nonostatne la cucina indiana nel nostro Paese stia muovendo i primi passi. E do per scontato ancora un buon andamento delle birre messicane, tra le quali le nostre Dos Equis e Sol si distinguono bene.
Da dicembre distribuiremo SpritzOne, lo Spritz pronto da versare al momento dell’aperitivo. Si tratta di un prodotto italiano, una formula di consumo che trae origine dalla tradizione veneta di cui l’azienda agricola Moletto ha anticipato il successo aprendo la strada a diversi altri produttori. Credo che SpritzOne abbia i numeri per rispondere con la qualità del made in Italy alla domanda di un bere allegro, fresco e facile delusa nei lontani anni ’80 dai wine cooler di ispirazione nordamericana che transitarono dal nostro Paese con la velocità di una meteora senza lasciar traccia.

Gli energy drink vanno ancora bene?

Il comparto nel suo insieme mostra un andamento piuttosto piatto. A noi sta tuttavia dando grande soddisfazione Monster che cresce a un tasso del 7-8% grazie a un gusto molto apprezzato dai più giovani e all’ottima distribuzione nei supermercati dove siamo presenti con il formato da 500 ml che negli Stati Uniti spopola. Imminente è l’avvio in distribuzione di Monster Kaos ai frutti rossi, che si affiancherà alla gamma già arricchita da altri succhi. Per l’inizio del 2011 è previsto invece il lancio di Monster Express a base di caffè. L’obiettivo consiste nel posizionarsi subito alle spalle del maggiore player del mercato entro l’anno prossimo. Giudico inoltre molto promettente la gamma dei tè freddi Arizona, marca che negli Stati Uniti è #1 e che anche in Italia sta andando molto bene grazie anche al nuovo formato in Pet.

Il suo entusiasmo si scontra tuttavia con un andamento dei consumi di alcolici in continua riduzione...

La birra dai 31 litri pro capite è scesa a 28 nel 2009 perdendo il 9% in tre anni, mentre si registra una perdita del vino di parecchio superiore, dell’ordine del 20-25% nei locali pubblici. Determinante è stato il giro di vite nei controlli sulla guida che certo è giusto effettuare. Quel che non posso condividere è la velocità con cui si è passati dalla tolleranza all’inasprimento delle sanzioni, senza prendersi cura di un’economia fatta anche di posti di lavoro che si sono altrettanto rapidamente persi. Le nuove misure dovranno spingerci ad educare maggiormente gli individui a bere con moderazione prodotti di alta qualità, dando così più senso e soddisfazione all’atto di consumo.

Come hanno reagito i consumatori?
Con un complesso sistema di comportamenti. Innanzi tutto bisogna ricordare che gli italiani fanno fatica a vivere senza l’auto. Per cui, per il timor di vedersela sequestrare, qualcuno all’inizio ha cominciato a uscire con lo scooter, solo che poi doveva spiegare al figlio perché glielo avevano portato via. Col passare del tempo si è preso atto del cambiamento e, siccome talvolta una serata sopra le righe ci può stare, ci si è però scontrati con il problema del rientro a casa, ancora praticamente irrisolto. Insomma, hai voglia a dire alla gente che bisogna prendere un taxi. Per chiudere il cerchio ci vuole un prezzo corretto e la disponibilità dei mezzi, mentre nelle grandi città spesso le tariffe sono alte e le auto pubbliche rare quando servono. 

Che fare con chi gestisce i punti vendita?
Bisogna educare anche loro a stabilire un giusto equilibrio tra il non forzare le vendite facendo bere troppo individui magari a rischio e il non calcare eccessivamente la mano sui listini, azione in conseguenza della quale il pubblico non è invogliato a bere una seconda volta. Purtroppo, infatti, al calo dei consumi tanti bar e ristoranti hanno reagito alzando i prezzi per ripartire le entrate su un numero ridotto di consumatori. All’opposto, le catene dei supermercati li hanno abbassati, nel tentativo di convincere più clienti ad acquistare i prodotti. A tutto questo si aggiunge l’invecchiamento costante della popolazione per la quale uno stile alimentare più salutistico e attento tende a prevalere. Alla fine, se nel canale fuori casa il vino scende del 20-25%, nella distribuzione moderna si ferma al 10% perché si attenua il problema dei controlli stradali. I superalcolici perdono però ancora di più, stimo fino al 30% nel canale fuori casa.

Eppure ha in listino, oltre a rum, tequila e gin, addirittura un cognac che fino a qualche tempo fa era considerato un distillato più che maturo...

Non è più così e credo che la bottiglia del nostro ABK6 si distingua nettamente dalla concorrenza posizionandolo in un segmento quasi tutto suo, con una gamma che va dai 10 ai 30 anni d’invecchiamento. C’è inoltre da aggiungere che molti distillatori di cognac, verso la metà di questo decennio, sono riusciti a ringiovanirne il consumo avvicinandolo al mondo dei giovani appassionati di musica pop, rithm & blues e rap con risultati eccellenti. In tanti video musicali una bottiglia di cognac è apparsa spesso proprio allo scopo di riposizionarne l’immagine. Operazione che considero riuscita.

La crisi ha inciso su qualche segmento in particolare?
Ha un po’ rallentato lo sviluppo dei prodotti di prezzo più elevato, come Ty Nant. Ma l’acqua di design, elegante, continua ad essere un must, come l’altra etichetta che distribuiamo, Tau: la sua sagoma pulita ed essenziale è ritenuta spesso in linea con lo stile dei locali più moderni nei quali si fa notare la mano di architetti molto esigenti in tutti i posti più affascinanti, da Dubai a Tokyo.