Mercato piatto, in quantità, quello dei salumi, ma con incrementi a due cifre per gli affettati in vaschetta a scapito dei “pezzi interi” e dei tranci. In leggera salita anche würstel e mortadella, mentre perde il salame. Di tendenze, innovazione e qualità DM ha parlato con Andrea Franchi (nella foto), direttore generale dell’azienda di famiglia che ha la sede principale a Borgosesia, in provincia di Vercelli, e altri tre stabilimenti a San Daniele, Langhirano e in Val d’Aosta. Con 25 milioni di euro di fatturato e 2.600 tonnellate circa di produzione, la Franchi Spa detiene una quota di mercato dello 0,3% che, in un settore molto polverizzato, ne fa una media impresa.

Salgono le vaschette? Ma voi avevate conquistato fama con “Franchino il prosciuttino”. La tendenza attuale vi penalizza?
No, non ci ha colto impreparati. Franchino, nato nel ’68, è stato per lungo tempo il nostro cavallo di battaglia e al suo apparire fu percepito come elemento di grande innovazione. La famiglia poteva avere la sua piccola scorta di prosciutto cotto da affettare al momento del bisogno. Ora la scorta si fa con la vaschetta, considerando un valore la possibilità di conservare il prodotto anche a lungo senza che si rovini aprendo la confezione in occasione del consumo. In vaschetta ci stanno dando grande soddisfazione i prodotti della linea Senz’altro e le specialità regionali.
    
Quindi il mercato accetta innovazione e qualità?
Viviamo un periodo di forte turbolenza. Le vaschette vanno bene, ma perdono i “pezzi interi” cioè l’affettato al banco e i tranci, dai 200 ai 500 grammi. E perde anche il salame, con mortadella e würstel in salita. Quest’ultimo è però un fenomeno degli ultimi mesi, segno evidente della crisi che tocca le famiglie. In precedenza, invece, bresaola e crudo avevano un andamento brillante perché riconosciuti più nobili quanto a proprietà nutrizionali. Il crudo cresce ancora, ma moderatamente.

I prodotti in vaschetta sono tuttavia più cari: l’andamento in salita non stride con la crisi delle famiglie?
Certo, ma i consumi nel complesso sono infatti statici e con la vaschetta la battuta di cassa è contenuta. Il prodotto resta sempre fruibile nonostante rimanga magari fermo per un po’ nel frigo di casa. La consapevolezza della qualità ci premia perchè in vaschetta proponiamo appunto la linea Senz’altro, con un prosciutto cotto dalla cui lista degli ingredienti siamo riusciti a togliere tutto ciò che non è indispensabile. Niente caseinati, né lattosio, polifosfati, glutammato di sodio e glutine. Questo non solo è gradito da chi ha allergie, ma pure da chi riconosce il valore di una dieta più sana. Il tutto certificato da un ente terzo. Innovare nel mercato dei salumi non è facile e neppure frequente, ma provarci ci ha dato ancora ragione.

Il vostro catalogo è ricchissimo. Vendete tutto in Gdo?
La distribuzione moderna vale per noi il 50% del fatturato. L’altra metà la realizziamo con gastronomie e salumerie alle quali riserviamo una piccola selezione sia del San Daniele sia del Parma prodotto a Langhirano. Quindi in Gdo vendiamo quasi tutti i prodotti, pur scontando una forte differenza territoriale.

Vuol dire che sono ancora forti le preferenze regionali?
Tolto il prosciutto cotto e i salami tipo Milano e Ungherese il resto è effettivamente molto soggetto al legame con il territorio. Alla Gdo bisogna tuttavia riconoscere il merito di aver attenuato nel tempo questo vincolo con promozioni periodiche sui salumi tipici che hanno “fatto cultura”. Questo ha permesso che i consumatori del nord si avvicinassero alle specialità meridionali e viceversa, ma c’è ancora tanto da fare.

Private label?
Ne facciamo pochissime, ma non siamo contrari in linea di principio. Sappiamo bene che con le private label l’industria corre il rischio di ridurre la forza delle sue marche a vantaggio del distributore. Diciamo dunque che è un’attività non strategica per noi.

A.M.