L’ottimismo della volontà s’è fatto strada tra il pessimismo della ragione al convegno organizzato da Indicod-Ecr a Milano il cui titolo riassumeva i contenuti che più preoccupano industria e distribuzione italiane: “Tornare a crescere, il contributo delle imprese del largo consumo”. Un folto gruppo di manager e produttori impegnati nelle 35 mila imprese aderenti che realizzano il 4% della ricchezza nazionale ha ascoltato con estremo interesse le relazioni di economisti e sociologi invitati da Giuseppe Brambilla di Civesio, presidente di Indicod-Ecr e amministratore delegato di Carrefour Italia. Il quale non ha nascosto il malumore che serpeggia per le posizioni di rendita che ancora distinguono molti settori dell’economia. Distribuzione Moderna l’ha intervistato alla conclusione dei lavori.

Non ci avete girato intorno. Sembrate piuttosto insoddisfatti della situazione...
Certo. Avevano promesso di estendere le liberalizzazioni ma, mentre il largo consumo è da anni soggetto a una competizione che non dà tregua, molti settori dell’economia non ne sono toccati.

A chi vi riferite?
Alle banche, alle assicurazioni, alla distribuzione dei carburanti per esempio. Il potere d’acquisto dei consumatori ha subìto tagli consistenti che l’industria del grocery e la Gdo hanno cercato di rendere meno traumatici moltiplicando le promozioni e l’efficienza delle imprese di cui sono responsabili. Bisogna però estendere le liberalizzazioni agli altri settori e migliorare l’efficienza della filiera per ridurre i costi nel loro insieme con l’obiettivo di contenere i prezzi al consumo.

Che provvedimenti si possono ancora prendere nella filiera?
Penso ai forti miglioramenti apportabili ai trasporti, troppo inefficienti nel nostro Paese. Stiamo introducendo delle novità sugli slot di scarico nei Cedi mirati a eliminare le code dei camion in attesa di consegnare le merci. I veicoli si presenteranno su appuntamento e gli autisti non staranno più delle ore inutilmente fermi ad aspettare che si liberi una ribalta.

Ma vi sono anche punti deboli del sistema che hanno a che vedere con difficoltà concrete da parte dei consumatori a spendere...
Sì. L’occupazione femminile è scarsa nel nostro Paese e troppi giovani non possono progettare il futuro non avendo le sicurezze necessarie per mettere su famiglia. Così non si fanno figli e i consumi di domani saranno ancora più ridotti.

Le vostre proposte?
Riteniamo necessario aumentare il potere d’acquisto delle famiglie a basso reddito, rilanciare l’occupazione giovanile e modernizzare la rete distributiva sul territorio. Sono troppe le differenze tra una regione e l’altra che ostacolano lo sviluppo della distribuzione moderna a favore della riduzione dei prezzi al dettaglio. Inoltre è dannosa per i consumatori l’azione di contrasto che alcune lobby continuano ad esercitare per impedire ad esempio la diffusione delle parafarmacie e dei medicinali da banco o dei carburanti nelle grandi superfici.

S’è addirittura parlato di agevolazioni alla spesa per le famiglie più deboli...
Si tratterebbe di un sussidio mensile per famiglie a basso reddito con almeno un figlio. E vorremmo fosse incentrato sulla spesa in prodotti grocery. Questo perché è stato appurato che la famiglia con figli spende, proprio in prodotti grocery, circa 100 euro al mese in più per il primo figlio e 60 per il secondo. Negli Stati Uniti il sistema funziona fin dagli anni ’60. Questo e altri provvedimenti potrebbero determinare secondo noi benefici ai consumatori per 23 miliardi di euro l’anno.

A detta dei relatori al convegno il clima resta difficile per il largo consumo. Nessun segnale di inversione di rotta?
Parliamoci chiaro. Noi possiamo fare tutti gli sforzi che vogliamo per migliorare i prodotti e abbassare i prezzi, poi però ci vuole qualcuno che i soldi da spendere li abbia insieme alla voglia di farlo ed effettivamente il momento non è dei migliori. Contano molto anche la percezione dei consumatori circa la situazione e il loro indice di fiducia.

E come sta andando l’indice di fiducia?
Negli ultimi due anni, caratterizzati da una crisi mai vista da decenni, lo scenario italiano non è purtroppo migliorato. È caratterizzato da un Pil inferiore alla media europea e da bassi livelli di produttività. Tuttavia la situazione sta evolvendo. In base ai risultati dell’ultimo Osservatorio Economico di dicembre 2010, rielaborati dal nostro Centro Studi, le risposte degli associati Indicod-Ecr mostrano che il clima di fiducia torna lentamente a crescere e aumenta da 96,2 a poco più di 100. L’Italia conferma però un andamento a due velocità: pare che le imprese maggiori e localizzate a nord abbiano imboccato la via della ripresa mentre le piccole e medie aziende, soprattutto a sud, fanno fatica e lì l’indice di fiducia si ferma a 83,7.

Vi sono anche fenomeni che inibiscono la propensione alla spesa da parte delle famiglie e che non hanno a che vedere con il sistema Italia?
Ci sono e purtroppo si aggiungono. Penso ai forti rincari delle materie prime e dei costi energetici che si traducono in pressioni sui listini e sui prezzi al consumo. Tuttavia insisto: per stimolare la crescita dei consumi grocery le imprese del largo consumo riunite in Indicod-Ecr ritengono opportuna una politica economica più attenta alle liberalizzazioni, al sostegno ai consumi per le famiglie a basso reddito con figli e al rilancio dell’occupazione femminile e giovanile.

Antonio Massa