di Maria Teresa Giannini e Luca Salomone

Fondata nel 1947, Sgambaro è passata, negli ultimi anni, da azienda prevalentemente locale a dimensioni e notorietà nazionali e internazionali: il pastificio di Castello di Godego (Treviso), creato nell’immediato dopoguerra da Tullio Sgambaro e oggi guidato dalla terza generazione, ha registrato, solo nel primo trimestre di quest’anno, 7 milioni di euro di fatturato con uno “sprint” del 41% negli ultimi 5 anni, passando dai 19,8 milioni del 2017 ai 27,5 del 2022.

Anticipatrice di tendenze oggi molto affermate, come il biologico, nel 2001 l’azienda ha deciso di rifornirsi esclusivamente di grano duro italiano certificato e di intessere rapporti diretti con gli agricoltori locali. E oggi continua la sua avanzata nel resto della Penisola e oltre confine, dove la pasta italiana è sempre più richiesta, come spiega Pierantonio Sgambaro, amministratore delegato.

Quali sono i vostri assi portanti?

Se fino a qualche anno fa eravamo un’azienda decisamente locale, del Triveneto, negli ultimi tempi abbiamo strutturato l’azienda in maniera manageriale, assumendo figure di alto profilo. La nostra missione è portare eccellenza nelle case degli italiani e lo facciamo in due modi, con il grano convenzionale e con quello biologico: nel primo caso, parlo di un prodotto che contiene almeno il 15-16% di proteine e coltivato in Italia, lavorato con essiccazione lenta, trafilatura al bronzo e che mantenga la tenuta in cottura. Forte è l’attenzione a pulizia e salubrità: all’interno del prodotto non devono esserci pesticidi e i contaminanti devono essere tenuti molto bassi, su limiti identici, per esempio, al baby food. Per quanto riguarda il biologico, è un trend che in Italia sta andando molto forte e da cui arriva il 50% del nostro fatturato.

E poi?

Offriamo grani di nicchia, come il farro monococco, il grano varietà Cappelli e il Khorasan, che da qualche mese stiamo producendo in Italia e il cui utilizzo, da parte nostra, è stato reso noto, in maggio, a Tuttofood Milano. Si tratta di un grano molto resistente a parassiti e cambiamenti climatici ed è la varietà, questa volta italiana, resa famosa dalla nordamericana Kamut. A differenza di quello prodotto oltreoceano, il nostro grano costa un po’meno perché non abbiamo royalties o passaggi intermedi, ma è prodotto con una filiera diretta, il che ci permette di essere competitivi, senza compromessi sulla qualità.

Da quali regioni acquistate?

Prendiamo il meglio di ogni regione. Il grano convenzionale e il bio normale vengono dalla Puglia, dove abbiamo il deposito di Cerignola (Foggia) e dalla bassa bolognese. Il grano bio specifico, il farro, la varietà Cappelli, arrivano dalle regioni del Centro Italia, come Toscana e Umbria, o anche dalla Sicilia.

Voi utilizzate solo grano italiano e dunque immagino che, per conseguenza, dall’inizio della crisi ucraina, abbiate avvertito una carenza di prodotto nazionale…

Francamente la questione ucraina non ci ha sfiorato. Anche perché il problema dei rincari era nato già l’anno prima, quando il Canada ha attraversato una siccità storica, la quale ha ridotto il suo raccolto a 1/3 della media. E si sa: se aumenta il prezzo in un grande Paese produttore, come questo, le ripercussioni si diffondono ovunque. In altre parole, la materia prima è passata da 300 a quasi 600 euro a tonnellata. Questa situazione si è protratta fino a qualche mese fa, quando è iniziato il calo, in vista di un raccolto abbondante, sia in Italia sia nel resto del mondo…salvo sorprese del clima.

A proposito di estero, quali sono le cifre del vostro export?

Le esportazioni rappresentano il 22% del nostro fatturato. Per un pastificio italiano non è molto, in quanto la media è sul 50%, ma questo è un bene, perché ci dice che abbiamo ancora grandi possibilità di crescita. Dunque, stiamo lavorando su questo versante, con personale molto qualificato. Noto comunque che anche altri Paesi forti consumatori, dimostrano di essere mercati più maturi che in passato. Quindi oggi anche gli stranieri chiedono prodotti particolari, garanzie sulla provenienza, sicurezza, attenzione al biologico, tutti valori in cui crediamo, oltre a credere nella coscienza ambientale, un elemento sul quale stiamo investendo molto. Credo che oggi tutte le aziende siano infatti chiamate a dare al nostro Pianeta più di quanto gli tolgono.

Per esempio?

Per esempio, penso all’attenzione che prestiamo all’ambiente fuori e dentro l’azienda. L’energia che alimenta il molino e lo stabilimento proviene solo da fonti rinnovabili, logistica e trasporti sono studiati attentamente per ottimizzare i viaggi e ridurre l’impatto ambientale, i veicoli aziendali sono elettrici, i pack delle confezioni di pasta si stanno via via convertendo verso la carta 100% riciclabile. Poi penso ai risultati conseguiti con il nostro progetto di riforestazione, condotto insieme a WOWnature. Sono stati piantati 3.630 nuovi alberi dalle Alpi alla Sicilia e protette foreste per un’estensione pari a 24 ettari. Facendo una stima, il progetto Bioclima di Regione Lombardia e la foresta di Huong Son Nature in Vietnam hanno contribuito a compensare, nel 2022, fino a 3.700 tonnellate di CO2. E per citare altri dati aggiungo che, finora, 11 mila tonnellate di anidride carbonica non sono state disperse nell’ambiente, e questo solo negli ultimi 4 anni. Parliamo di un quantitativo di biossido di carbonio pari a quello emesso da 4.400 automobili che percorrono in un anno 11 mila chilometri. Questo iter sostenibile, avviato oltre 10 anni fa, rientra, a sua volta in un programma che prevede che l’azienda diventi ‘climate positive’ nel 2030.

Torniamo all’estero. Con quali Paesi lavorate maggiormente?

Il nostro orizzonte ha i suoi maggiori punti di riferimento in Germania, Stati Uniti e Israele, dove i nostri prodotti, specialmente quelli biologici, si muovono veramente bene.

Vi interessa la produzione di private label?

In passato non erano in linea con il nostro modo di intendere la qualità. Ultimamente, però, abbiamo avuto richieste per prodotti particolarmente interessanti soprattutto dall’estero e stiamo già collaborando con alcuni distributori.

Chi ha dovuto assorbire maggiormente gli aumenti di prezzo fra voi, cioè i produttori, e la distribuzione? Avete eroso, in parte, i vostri margini?

All’inizio sicuramente noi industriali abbiamo subito i maggiori scossoni, anche per i costi dell’energia, costi che non riuscivamo e non potevamo scaricare a valle. In seconda battuta la sofferenza ha coinvolto anche la distribuzione. Per fortuna la situazione non si è protratta più di 7 mesi e lo Stato ci ha aiutati, con un occhio di riguardo per le imprese energivore. Senza questo appoggio i prezzi sarebbero volati ben oltre le statistiche che tutti conosciamo.

Avete aperto il canale di vendita online dichiaratamente per ampliare il vostro target di consumatori, e siete presenti in Gdo. Ma esiste un terzo canale, la ristorazione…

Per noi l’Horeca rappresenta il 30% del fatturato. Collaboriamo con grandi player, ma questo settore, cosa ben nota, è stato letteralmente penalizzato dal Covid. È vero che in generale il food service è poco premiante - il marchio non viene messo in evidenza - ma vogliamo esserci, per avere un futuro anche qui. Del resto, ci sono grandi cucine che distribuiscono alle industrie e che realizzano centinaia di migliaia di pasti al giorno: per fortuna qualche bravo imprenditore apprezza le nostre qualità. Non sono la maggioranza, poiché spesso in questo ramo i fornitori si confrontano sul prezzo e la qualità passa un po’in secondo piano, ma noi puntiamo su una nicchia di clienti sensibile alla qualità ed esigente.

In questi anni molti pastifici hanno siglato partnership con grandi chef per la loro strategia comunicativa…

Fino al 2021 compreso, per tre anni, abbiamo collaborato, molto bene, con Bruno Barbieri, anche con un investimento importante su vari canali televisivi. Ora abbiamo messo un po’in stand-by queste partnership e ci stiamo cimentando invece con altre belle operazioni, soprattutto legate allo sport. Penso alla Sgambaro Arena, un’arena nuova che misura 100 metri di larghezza e 40 di profondità, situata di fronte al piazzale Zenith di Bibione (sull’Adriatico), dove 3 volte la settimana, dalle 8 del mattino in poi, vengono offerte gratuitamente lezioni di varie discipline sportive da 24 istruttori qualificati. L’iniziativa è partita il 7 giugno e si concluderà l’8 settembre, su uno dei tratti di spiaggia più belli del litorale veneto-friulano.