Uno spettro s’aggira tra i più grandi operatori logistici e i distributori che hanno affittato, acquistato o costruito capannoni nella pianura Padana: il terremoto. Il disastro che ha colpito duramente in particolare tra Bologna, Modena e Ferrara conferma timori che si erano affacciati nei primi anni del nostro secolo sorprendendo anche gli esperti: quella pianura che pareva un materasso capace di proteggere il Nord Italia dalle scosse telluriche di un Paese certamente soggetto ai terremoti, ma in altre zone, non funziona più.

È questa la ragione che ha spinto le autorità a dichiarare alcune zone emiliane al terzo livello di rischio terremoto già dal 2005. Ma ammesso e non concesso che quel che si è costruito dopo si trovi davvero a norma, una marea di capannoni è stata costruita prima, con la struttura portante in rigido calcestruzzo e con pannelli prefabbricati forse non applicati con i criteri più severi ora riconosciuti necessari. Lo ha dimostrato chiaramente quanto accaduto alle fabbriche di ceramiche a Sant’Agostino (Fe) e ai depositi di Parmigiano Reggiano del quale si stima si siano perse 300mila forme, il 10% della produzione annuale.

Da qualche tempo si osservava come in Italia fosse ancora troppo limitato l’uso di capannoni con struttura d’acciaio, riciclabile in caso di smantellamento, e senz’altro più “flessibile” rispetto al calcestruzzo. Ma le foto di questi giorni mostrano accartocciate su se stesse anche le strutture metalliche, Segno che anche queste, se costruite con la normativa precedente il 2005, non possono resistere alle forti sollecitazioni scatenatesi all’alba di domenica scorsa.

A trasformare i sogni di gloria economica in incubi sono soprattutto i magazzini richiesti dalla logistica dedicata al deposito di produzione, quelli con i soffitti più alti, da 14 metri, progettati per custodire più merce grocery (risparmiando sulle superfici occupate) in attesa che giungano gli ordini da preparare per i transit point (che in genere non raggiungono i 10 metri) o i punti vendita.

E adesso? Bisognerà andare a controllare e ricalcolare la tenuta di tutti i magazzini ante 2005 a Nord degli Appennini? Ci mancava anche questa in piena crisi economica. Fa bene chi sta già mettendo le mani avanti chiedendo agli enti locali e al governo di non decretare un nuovo incremento delle accise sui carburanti che frenerebbe ulteriormente consumi già scarsi innescando aumenti generalizzati. Per chi non lo ricordasse, al momento della dichiarazione dello stato d’emergenza sono le Regioni ad avere la facoltà d’elevare l’imposta sui carburanti fino a 5 centesimi di euro. Vasco Errani, presidente dell’Emilia Romagna, lo ha per ora escluso: “Siamo immersi nei soccorsi. Lo valuteremo più avanti”.