L’aveva detto. E puntualmente ha mantenuto fede alla promessa. Il presidente di Coop Italia, Vincenzo Tassinari, aveva pubblicamente lanciato un vero e proprio ultimatum all’industria di marca un paio di mesi fa, in occasione della presentazione del “Rapporto Consumi e Distribuzione 2008” (si veda l’articolo pubblicato da DM nella sezione “Primo Piano” del 7 settembre 2008): «niente ritocchi dei listini, Centrale Italiana non li tollererà».

La lettera aperta pubblicata sabato scorso su alcuni quotidiani da Coop Italia e indirizzata all’industria (oltre che ai 6,7 milioni di soci) sembra rafforzare quella “minaccia”, preparando il terreno per passare dalle parole ai fatti. «Non accettiamo aumenti ingiustificati dei prezzi», riporta il titolo. E giù a spiegare, puntando il dito soprattutto sulle multinazionali, che mentre il prezzo di molte materie prime e del petrolio è in caduta libera (tanto che Coop ha abbassato i prezzi di numerosi prodotti a marchio), le industrie si stanno muovendo in direzione opposta, con richieste di aumenti dei listini per il 2009 che oscillano tra il 4 e l’8%.

«Se le richieste dovessero persistere Coop reagirà di conseguenza», si legge nella lettera. Un aut aut che ha immediatamente scatenato polemiche e fatto scattare l’immediata quanto stizzita risposta di Centromarca. L'associazione delle industrie di marca guidata da Luigi Bordoni definisce «semplicistiche e demagogiche» le argomentazioni di Coop Italia, precisando che «nessun produttore - con mercati stagnanti, potere d'acquisto calante e competizione feroce - può permettersi di aumentare i propri listini se non assolutamente costretto e nella misura minima indispensabile».

Insomma, due visioni dei fatti opposte e, apparentemente, entrambe giustificate. Ma che in realtà mettono a nudo un annoso problema, facendo venire al pettine il nodo dei rapporti tra idm e gdo. Un rapporto mai come in questo momento lontano da quell’obiettivo da più parti auspicato di “costruttivo confronto commerciale tra le parti, basato su un piano di parità pur nel rispetto dei ruoli”.

La neanche tanto velata minaccia di Coop di puntare ancora di più sul prodotto a marchio, procedendo di fatto al delisting di alcuni prodotti di marca, crea le basi per una stagione di relazioni critiche tra industria e distribuzione. Almeno nei rapporti con le catene che fanno parte di Centrale Italiana. Certo, stupisce che sia stata solo Coop Italia a sollevare la questione. Probabilmente non ha tutti i torti. Ma qualcuno maligna che sia questo il risultato delle difficoltà in cui Coop si trova dopo il decadimento dei benefici fiscali accordati alle cooperative a opera di un recente decreto governativo. Un conto salato per Coop, stimato in 50 milioni di euro.