di Luca Salomone

Retail e investitori istituzionali: un rapporto difficile? Magari nella Gdo, ma se spostiamo il focus su tutto il settore, comprendendo anche la ristorazione, scopriamo, come spiega Confimprese, che, una volta archiviati gli anni della pandemia, le operazioni di private equity e venture capital hanno ripreso la corsa.

Dal 2021 a oggi

Se il 2021 ha fatto segnare il maggior numero di operazioni, 45 per 557 milioni di euro, il 2022 ha toccato un record in valore, con transazioni per 859 milioni di euro (31 deal), secondo i dati dell’ultimo rapporto Aifi-Pwc.

Il 2022 in sostanza è stato l’anno della vera ripresa, con un impiego di capitali molto ingente.

Lento l’avvio del primo trimestre 2023 che, su 83 nuovi investimenti da parte dei fondi, ne registra solo 3 incidenti su retail e/o distribuzione (dati Pem-Private equity monitor). Ci riferiamo a Probios, dove è entrato in maggioranza Agreen Capital, a Sds (distribuzione di prodotti per l’Horeca) passata al fondo Naxicap, del gruppo francese Ecf, e ai 18 punti vendita siciliani di Max Casa, rilevati da Cinven per la controllata Arcaplanet.

Il quadro complessivo, nell’arco temporale 2015-2022, evidenzia un aumento costante dei movimenti finanziari da parte dei fondi nel nostro Paese, con esclusione, come accennato, del calo fisiologico del 2020 (19 operazioni per 95 milioni di euro).

In questo arco temporale i deal realizzati, nel mondo retail, sono stati 196 per un ammontare di 2.527 milioni di euro, su un totale mercato di 3.677 operazioni e 79.715 milioni di investimenti (Aifi-Pwc).

Resta l’incognita del costo del denaro/capitale. Tuttavia, come spiega Mario Resca, presidente di Confimprese «proprio a fronte dei tassi di interessi elevati, i progetti imprenditoriali importanti tornano richiamare l’attenzione dei fondi d’investimento, che in passato avevano spostato, con eccessiva euforia, l’attenzione dal fisico al digitale, determinando bolle che si stanno ridimensionando. Bisogna riflettere, però, sul peso, ancora relativo, dei capitali italiani, rispetto a quelli europei, investiti in operazioni di grandi dimensioni con un ammontare che, nel caso della Francia, è pari al doppio dell’Italia. È necessario che i fondi domestici cambino marcia per ambire a operazioni di livello internazionale».

L’Esagono è primo, nel nostro Continente, con 24,2 miliardi di impieghi complessivi, seguito dalla Germania con 15 miliardi (anche se in queste due nazioni le cifre sono in contrazione, rispetto all’anno precedente, rispettivamente dell’8% e del 23%).

L’Italia precede, tuttavia, la Spagna sia per ammontare totale dell’investito - rispettivamente 13 contro 9,2 miliardi - sia per le tendenze di sviluppo.

Abbigliamento e ristorazione in testa

Dall’incontro, ‘Retail e finanza’, organizzato da Confimprese presso Borsa Italiana, è emerso, inoltre, che i settori più appetibili per gli investitori sono la ristorazione e l’abbigliamento-accessori.

La ristorazione è ‘seducente’, per via della sua scalabilità, che si somma alla forte penetrazione di mercato, ma anche per il suo potenziale di espansione all’estero, nonché per la standardizzazione di molti processi, la velocità e il successo nelle aperture, un tempo relativamente breve per raggiungere il punto di pareggio del Pdv e per le possibilità offerte dal delivery che, sebbene in contrazione, rimane comunque un ulteriore polmone distributivo.

Abbigliamento e accessori: qui, ad attrarre gli investitori, sono elementi come la presenza dei negozi nelle piazze e vie più importanti, la varietà e flessibilità delle location e dei formati (boutique, flagship, outlet e centri commerciali), i numerosi eventi e promozioni in punto vendita, le possibilità di integrazione tra fisico e digitale, l’elevato grado di conoscenza della base clienti e i piani di sostenibilità in atto.