Malgrado la riduzione globale dell’1,5% dei tassi differenziali inventariali e il moderato incremento in Europa (+0,8%), l’Italia si conferma - dopo Austria (+7,4%) e Svizzera (+5,2%) - il terzo Paese al mondo registrando un aumento del 4,1%. Sono questi i principali dati rilevati dal Barometro mondiale dei furti nel retail, l’annuale rapporto condotto dal Crr e commissionato da Checkpoint System.

Ammonta a 2,97 miliardi di euro la stima dei furti perpetrati a danno di supermercati e grandi magazzini. Le merci più sottratte sono i capi di abbigliamento, cresciuti del 18,3% rispetto all’anno precedente. Anche tra i generi alimentari si registra un consistente aumento (+16,3%), in particolare tra i freschi e gli articoli di modesto valore. Seguono al terzo posto i prodotti high tech (+12,6%), dove i più quotati risultano essere le nuove linee di prodotti e gli articoli di richiamo, quali fotocamere digitali, videogiochi e Ipod.

La causa principale delle differenze inventariali è da ricondurre a furti commessi dai clienti dei punti vendita, con una percentuale del 49,5%, pari a 1.470 milioni di euro. Seguono le sottrazioni ad opera dei dipendenti (30%) e dei fornitori (6,7%).

Mentre i piccoli supermercati - i più presi di mira assieme ai discount - mettono sotto chiave le merci più preziose, le grandi catene si affidano sempre più spesso a sistemi antitaccheggio altamente sofisticati. Come per esempio sottili etichette, praticamente invisibili, che possono essere inserite nei prodotti fin dalla fabbrica, diminuendo così le possibilità di manomissione e rendendo il rapporto rischio-guadagno meno attrattivo per i potenziali ladri.

Emerge inoltre dallo studio che i tre miliardi di euro di differenze inventariali equivalgono per le famiglie italiane a una “tassa” annua di 163,64 euro che, inserendosi nel quadro della difficile situazione economica del momento, potrebbe anche costituire un messaggio deterrente per la società in generale.