«Non privilegi fiscali, né tantomeno aiuti di Stato, ma solo e semplicemente diritti destinati a favorire il potere d’acquisto dei consumatori. Così si danneggiano milioni di cittadini». Queste le parole del presidente dell’Ancc (l’Associazione nazionale cooperative di consumatori) Aldo Soldi chiamato a commentare la conversione in legge del decreto che modifica le norme fiscali applicate alle cooperative.

DENTE AVVELENATO
Che abbia fondati motivi per avere il cosiddetto dente avvelenato contro quelli che vengono definiti come «provvedimenti anticoop che non giovano certo a milioni e milioni di nostri clienti e nemmeno ai nostri fornitori, ma sicuramente a qualche concorrente» (leggi soprattutto Esselunga) è comprensibile.

IL CONTO DA PAGARE

Come un fulmine a ciel sereno, infatti, sulle Coop si è abbattuto, tra gli altri, un prelievo una tantum biennale del 5% sugli utili, l’innalzamento della quota degli utili tassabili (dal 30 al 55%), nonché l’aumento dell’aliquota fiscale sul prestito sociale, passata dal 12,5 al 20%. Totale del conto presentato dal Fisco: 50 milioni di euro (secondo le stime dell’Ancc).

I DUBBI
Forse però la brutta sorpresa non rappresentava un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Probabilmente la stessa Coop se l’aspettava. Il “dubbio” che le condizioni accordate alle cooperative in Italia in materia di trattamento fiscale potessero configurarsi come privilegi che alterano la concorrenza, diciamo la verità, ci stavano tutti.

I PRIVILEGI
Prima delle recenti modifiche alle norme fiscali, le maggiori cooperative di consumo aderenti a Coop Italia (e non solo loro, naturalmente, potevano dedurre il 70% dell’Ires dalla base imponibile. Non solo. Veniva loro applicato un prelievo fiscale del 12,5% anziché del 27% (come normalmente avviene ai conti correnti bancari). Dulcis in fundo, avevano la possibilità di finanziarsi (si stima una cifra di 12 miliardi di euro) attraverso il “prestito sociale” dei propri soci-consumatori a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle cui devono sottostare le catene concorrenti.

MUTUALISMO SNATURATO
Tutte agevolazioni che forse un tempo potevano anche starci. Non più ora che risulta difficile riconoscere la specifica natura mutualistica e l’originario “ruolo sociale” delle cooperative di consumo, Coop Italia in testa, essendo ormai simili per dimensioni e comportamenti a qualsiasi altra impresa privata del settore (vedi prezzi sostanzialmente allineati a quelli del mercato e profitti che vengono reinvestiti in attività che poco o nulla hanno a che fare con finalità mutualistiche).

DUBBI NON SOSPETTI
D’altra parte, non si può certo parlare di una “congiura” ai danni di Coop, come vorrebbe far credere Soldi. Già nell’aprile 2006 era stata Federdistribuzione a presentare un esposto alla Commissione europea sulla concorrenza sollevando la questione che veniva definita come “un caso di distorsione dei principi della concorrenza”. Ma anche la Corte di Cassazione ha mostrato forti perplessità in tal senso, presentando diverse ordinanze alla Corte di Giustizia su questo spinoso argomento. Lo stesso commissario europeo alla concorrenza, Neelie Kroes, ha espresso in merito forti riserve, mostrando un orientamento a considerare le agevolazioni di cui le cooperative godevano come aiuti di Stato, incompatibili con gli ordinamenti comunitari.