La battaglia più importante per la predominanza nel comparto vinicolo tra Italia e Francia si combatterà sul suolo cinese. È nel Paese orientale, infatti, che si sta giocando il destino di molte imprese francesi, presenti già da almeno un paio di decenni ma anche di aziende nostrane seriamente intenzionate a conquistare una fetta del mercato del Sol Levante e il gusto dei consumatori cinesi, sfruttando il valore positivo attribuito al marchio Italia.

Il terreno per crescere è considerevole, dal momento che il consumo procapite di vino in Cina è di 1 litro all’anno un valore basso se confrontato con la media mondiale (7 litri) e addirittura irrisorio paragonato a quella italiana (43 litri). Ma il tasso di crescita annuo è in forte aumento arriva al 20%, grazie all’aumento della disponibilità di spesa e della ricerca della qualità da parte del consumatore cinese.

I vini importati hanno generalmente una buona reputazione e occupano soprattutto il mercato medio-alto, mentre quello di fascia bassa è occupato dalle produzioni locali. L’ostacolo maggiore è di tipo culturale: l’Italia è il quarto Paese importatore (6% quota di mercato), con una crescita del 94% nel 2011 ma la Francia occupa saldamente il primo posto con il 46% della quota di mercato, seguita dall’Australia (19%) e dal Cile (10%).

Il consumatore-tipo cinese è, in genere, maschio, d’età compresa tra i 25 e i 44 anni, di reddito alto e a contatto, seppur indiretto, con il mondo degli affari e con la cultura occidentale. Di solito ha una scarsa conoscenza dei vini e quindi subisce un forte condizionamento da parte del locale in cui consuma, generalmente in pranzi di lavoro, in hotel o in incontri di svago. Le preferenze cinesi vanno ai vini rossi per il 67%. I luoghi in cui si consuma di più sono le grandi città della fascia orientale del Paese.