L’aumento delle esportazioni di salumi italiani nel mondo, che ha consentito di ottenere un saldo commerciale in crescita del 7,6% (per un totale di oltre 870 milioni di euro), sarebbe stato favorito ulteriormente dall’abolizione delle barriere sanitarie introdotte in alcuni Paesi.

Come affermato, infatti, da Lisa Ferrarini (presidente di Assica, Associazione italiana delle carni e dei salumi) l’abbattimento delle barriere è fondamentale per limitare le perdite economiche delle aziende e permettere loro di essere più competitive sul mercato internazionale.

Ne è un esempio la situazione presente negli Stati Uniti, dove non è consentita l’esportazione di referenze a breve stagionatura come salami, pancette e coppe, ma soltanto l’invio di prodotti cotti come mortadella e prosciutti stagionati oltre i 400 giorni: un danno annuale stimabile in 18 milioni di euro, derivante dal blocco alle frontiere di circa 2.000 tonnellate di salumi.

L’export si conferma comunque uno dei punti chiave per i produttori italiani del settore, che – vista la saturazione del mercato interno – si rivolgono all’estero per crescere. Lo dimostra, ad esempio, il Consorzio del prosciutto di Parma Dop cresciuto del 4% sui mercati internazionali, per un giro d’affari complessivo di 1,5 miliardi di euro.