Sia per gli oltre 15 milioni di italiani che si nutrono fuori casa (12 milioni a pranzo e 3,5 a cena), sia per chi lo fa nella propria abitazione, il piatto è più vuoto: nel ridurre la spesa alimentare i consumatori hanno fatto attenzione soprattutto ad eliminare il superfluo, limitando così gli sprechi e orientando di nuovo la scelta sui prodotti tradizionali.

La crisi sta dunque consolidando un comportamento avviato da tempo, un trend dovuto anche a nuovi stili di vita: primi piatti e contorni vengono preferiti ai secondi, aumenta il consumo di spuntini e merendine e complessivamente si spendono circa 5 euro a testa quotidianamente per mangiare fuori casa.

A tavola si preferisce la tradizione alla novità etnica verso la quale non manca però la curiosità di un italiano su quattro. Persiste solo in parte l’andamento salutistico, l’unico in grado da vent’anni di generare un leggero incremento di spesa, a dispetto comunque di un 10% della popolazione che vive in stato di obesità e di un 35,5% in sovrappeso.

Per i prossimi mesi si prevede che la crisi ripercuoterà i propri effetti anche sui consumi alimentari (-0,8%), anche se il fuori casa continuerà a fare da traino: già adesso le regioni del centro-sud registrano un calo nei consumi familiari di alimenti e bevande, mentre il Nord Italia ha ridotto principalmente i pasti fuori casa. A farne le spese sono soprattutto le vendite di pesce, caffé, pasta e cereali.