Una performance che fa guadagnare negli ultimi due anni due punti quota alle store brands e che le porta a rappresentare l’unico driver di crescita nel 2009. Tuttavia, come si accennava, la situazione italiana non si discosta affatto dal trend internazionale alimentato dalla maggiore attenzione ai prezzi, alle promozioni e alla convenienza dei formati che le catene hanno ben colto riuscendo a far percepire con pazienza al consumatore un messaggio di qualità insito anche nei loro prodotti a marchio. Pure la nascita e il successo di store brands internazionali, come Ikea e Decathlon, confermano la possibilità di soddisfare bisogni globali con prodotti simili.
È anche vero, d’altra parte, spiega la ricerca Nielsen , che dagli anni Ottanta in poi i prodotti a marchio hanno subito notevoli sviluppi: i retailer hanno potenziato e raffinato l’offerta e il marketing mix e il consumatore ha imparato a conoscere, e riconoscere, i prodotti, passando dalla diffidenza alla ricerca della store brand sul punto vendita. Oggi i prodotti del distributore sono driver di valore in quasi tutti i Paesi del mondo sostengono gli analisti. In Europa, in particolare, più del 20 % dei volumi grocery venduti sono private label, una quota che in alcuni Paesi arriva quasi al 50%.
Per comprendere i motivi della crescita occorre distinguere e interpretare il comportamento dei due attori che agiscono in questo scenario, il consumatore e il venditore di private label. Un dato di fatto: oggi tutti comprano private label, in quanto la penetrazione delle famiglie è 100 in quasi tutti i Paesi. Ciò dimostra che, a differenza di quanto accadeva in passato, il consumatore ha acquistato fiducia e riconosce nella private label un’alternativa reale al prodotto di marca. A questo si aggiunga che i cosidetti “heavy and super heavy store brands buyers”, il primo 40% di acquirenti, sviluppa in media circa il 70% delle vendite totali. Da un punto di vista socio-demografico si tratta generalmente di grandi famiglie di 3-4 persone non low-budget, bensì a reddito medio/alto che con prodotti private label effettuano circa il 50% della loro spesa.
Un’analisi Nielsen condotta online su blog, forum e social network circa il percepito dei consumatori verso il concetto di store brand conferma che essi s’aspettano dal prodotto del distributore un prezzo più conveniente e una qualità non inferiore almeno al prodotto di marca nazionale. Prezzo e qualità sono del resto le due armi con le quali il distributore combatte sul fronte private label presentandosi, nei mercati più evoluti, con il modello “three tiered”: la linea dei primi prezzi, la linea con marchio insegna, e la premium price.